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Familylegal, dopo la sentenza sull’assegno divorzile via a patti prematrimoniali

 

Roma, 11 lug. – ”Ben venga che il matrimonio non sia più considerato come un investimento patrimoniale, ma a questo punto è doveroso che il Parlamento consenta alle coppie che lo desiderino di poter concordare un patto prematrimoniale. Una donna, magari sessantenne e disoccupata abbandonata dal marito non può essere privata dall’oggi al domani del tenore di vita goduto sino a quel momento, ovviamente nei limiti delle condizioni economiche del nucleo familiare”. Ad affermarlo, a Labitalia, l’avvocato divorzista Lorenzo Puglisi, specializzato in diritto di famiglia, presidente e fondatore dell’associazione Familylegal.

Sulla scia della recente sentenza n. 11504/17 della Cassazione, che fissa nuovi parametri per la quantificazione dell’assegno di divorzio, abbandonando il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in favore di quello dell’indipendenza e dell’autosufficienza economica, Familylegal ha lanciato, tramite la piattaforma Change.org, una petizione per chiedere al Presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio una legge che regolamenti i patti prematrimoniali.

“Anche alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, i tempi sono maturi – sottolinea – per rivedere la ratio che sta a fondamento dei patti prematrimoniali, consentendo alla coppie la possibilità di suddividersi i ruoli nel contesto familiare, senza rischiare di trovarsi (magari dopo decenni) a fare i conti non solo con l’abbandono da parte dell’altro coniuge, ma anche con l’assenza di qualsivoglia riconoscimento per il lavoro svolto in famiglia sino a quel momento”.

“Non si tratta più, quindi, della possibilità, ad esempio, della moglie, di mantenere il cognome del marito, o di disporre di case e appartamenti, ma della necessità di tutelare chi, nella coppia, decide di sacrificare la propria carriera lavorativa fornendo al ménage familiare un’utilità economica talvolta addirittura maggiore di quanto l’altro non abbia fornito nell’arco di una vita”, avverte l’avvocato.

Secondo uno studio di FamilyLegal, quasi la metà dei nati negli anni ’80, forse anche per l’esperienza vissuta sulla propria pelle dai propri genitori, si direbbe pronta a regolamentare in anticipo la gestione della fine dei matrimoni e ciò anche alla luce della durata dei rapporti coniugali che, secondo le ultime rilevazioni Istat, non durerebbe in media più di sette anni.

Secondo Familylegal, ”sono almeno 5 le ragioni per cui sarebbe necessario approvare i patti patrimoniali”.

Innanzitutto, rileva, “negli ultimi cinque anni sono pressoché duplicati i matrimoni in cui almeno uno dei due coniugi si sposa dopo aver avuto un figlio da una precedente relazione: in questi casi, il genitore che decide di sposarsi o di risposarsi generalmente sente l’esigenza di tutelare il figlio di primo letto sia sotto il profilo finanziario che sotto quello successorio”.

”In base al nostro ordinamento giuridico, infatti, non basta un testamento per escludere la quota di legittima dell’altro coniuge e un patto prematrimoniale che suddivida adeguatamente gli asset può risolvere a monte ogni problematica”, spiega Puglisi.

In secondo luogo, prosegue, “nelle giovani coppie è frequente che almeno uno dei due futuri sposi decida di proseguire gli studi coltivando un progetto educativo più duraturo che, almeno nella fase iniziale, non consente di lavorare e quindi di mantenersi autonomamente”. ”Né il Codice civile, né la nostra giurisprudenza prevedono un ‘diritto allo studio’ tutelato per il coniuge; pertanto, senza un patto prematrimoniale, in caso di divorzio non sarà possibile rivendicare un mantenimento giustificando di essere privi di reddito, in quanto studenti”, sostiene Puglisi.

Vero è che nel nostro ordinamento giuridico esiste già il regime di separazione dei beni, che dal 2010 ad oggi, come eccezione alla regola generale della comunione, ha registrato un aumento del 45%, rileva, “tuttavia, nelle coppie in cui almeno uno dei due coniugi è un imprenditore avvezzo a contrarre fidi, mutui o fideiussioni, potrebbe essere sicuramente opportuno utilizzare lo strumento del patto prematrimoniale per evitare sul nascere qualsiasi dubbio sul coinvolgimento finanziario di ciascuno dei nubendi”.

Inoltre, “inutile negare che ancora oggi un buon numero di matrimoni – ammette – rappresenti più un investimento economico che non una scelta di cuore”. “Ebbene, con i patti prematrimoniali chiunque abbia ancora il sospetto che il proprio partner sia sospinto più da interessi che dall’amore può regolamentare il tutto sin dall’inizio così da effettuare un vero e proprio stress test che misuri la potenziale tenuta del rapporto”, aggiunge l’avvocato.

Infine, “nell’ambito della vita matrimoniale non è infrequente che i due coniugi decidano di suddividersi i ruoli e che, nella maggior parte dei casi, la moglie decida di non lavorare per dedicarsi alla casa e ai figli”, dice. Secondo FamilyLegal, il risparmio che deriverebbe al nucleo familiare dal lavoro domestico di una donna oscilla tra i 12.000 e i 35.000 euro all’anno. “Somme, queste, che in caso di divorzio, senza un patto prematrimoniale, non verrebbero neppure prese in considerazione per il calcolo di un eventuale assegno”, conclude.

(Tri/Adnkronos)

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