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La natura extracontrattuale del risarcimento del danno da ritardo per inerzia

Non solo l’adozione di un provvedimento sfavorevole, ma anche l’inerzia o il ritardo nella sua adozione possono ledere le posizioni giuridiche soggettive di un privato.
Nel caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento, la responsabilità addebitabile in capo alla P.A. ha natura extracontrattuale e comporta il risarcimento del danno ingiusto.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO PER INERZIA SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO

Il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 818 del 21 febbraio 2017, ha esaminato i presupposti di risarcibilità del danno dovuto all’inerzia di un’Amministrazione.
La posizione giudica azionata era qualificabile di diritto soggettivo.
Essa è autonoma e distinta rispetto all’interesse legittimo, pur se correlato allo stesso.
In casi similari il Giudice amministrativo ne ha consacrato la natura extracontrattuale.
Certamente è possibile riconoscere un danno (doloso o colposo), relativo ad un interesse legittimo pretensivo causato al privato dal comportamento inerte della P.A.
Ma solo «quando sia stata accertata la spettanza del c.d. “bene della vita”».
Mentre «non è risarcibile il danno da ritardo provvedimentale c.d. “mero”, quando solo l’Amministrazione competente… può valutare se tale “bene della vita” sia (o non) dovuto» (cfr. T.A.R. Lazio – Roma, n. 10212/2016).
Il risarcimento doveva essere, quindi, subordinato anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento invocato fosse destinata ad esito favorevole.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO PER INERZIA AI SENSI DELL’ART. 30 C.P.A.

Il Collegio ha ritenuto corretta la pronuncia adottata dal giudice di prime cure, concernente il risarcimento del danno, conseguente alla ritardata concessione edilizia richiesta.
Il diritto azionato si era prescritto in ragione del decorso del termine prescrizionale quinquennale.
L’utilizzo di diffide in sede stragiudiziale non aveva prodotto efficacia interruttiva, in quanto non aventi ad oggetto l’espressa richiesta risarcitoria.
In effetti, il T.A.R. aveva rilevato la natura extracontrattuale del presunto illecito.
Esso consisteva nella lesione del diritto soggettivo all’ottenimento nei termini previsti dalla legge del provvedimento amministrativo invocato in sede procedimentale.
Parte ricorrente aveva proposto domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 30, co. 3, c.p.a..
La norma prevede un termine decadenziale di centoventi giorni, e non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all’entrata in vigore del codice.
La relativa disciplina di riferimento doveva, pertanto, rinvenirsi all’interno del codice civile (cfr. Ad Plen. Cons. Stato, n. n. 6/2015).

L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZUALE SUL RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO PER INERZIA

Sussiste l’obbligo della P.A. di pronunciarsi in merito alle istanze formulate dai cittadini ai sensi dell’art. 2 della l. n. 241/90.
Mentre le conseguenze risarcitorie determinate da un ingiustificato ritardo procedimentale sono regolate dal successivo art. 2 bis.
Il diritto al risarcimento del danno da ritardo per inerzia rappresenta una tutela per equivalente rispetto al bene della vita sotteso all’interesse legittimo.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente respinge la riconducibilità della responsabilità della P.A. all’interno di un paradigma contrattuale da c.d. contatto sociale.
Esso fa riferimento al modello aquiliano.
Sia per il risarcimento del danno causato dal provvedimento, che per quello cagionato dall’inerzia dell’Amministrazione (cfr. Cons. St., n. 2756/2014).
Dunque, il termine al quale fare riferimento per il computo della prescrizione è quello quinquennale ex art. 2947 c.c..
E inizia a decorrere dal giorno in cui il fatto si è verificato.
Ovvero dalla conoscenza del provvedimento, se il danno deriva direttamente da questo.

Iacopo Correa

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