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Parziale difformità dal titolo abilitativo edilizio e fiscalizzazione dell’abuso

Un’ipotesi ulteriore di sanatoria è rappresentata dalla fiscalizzazione dell’abuso.
Essa attiene ad interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo, allorquando la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità al titolo.
Accertato un’abuso, la P.a. può disporre direttamente la demolizione?

FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO AI SENSI DELL’ART. 34 T.U. 380/2001

È quanto sancito dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1481 del 30 marzo 2017.
La possibilità di applicare la sanzione pecuniaria va valutata nella fase esecutiva del procedimento di repressione dell’abuso, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione.
La P.A. è chiamata ad operare la scelta tra sanzione demolitoria e sanzione pecuniaria, valutando preventivamente se la demolizione possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.
L’amministrazione non può disporre direttamente la demolizione, anticipando tale scelta, senza valutare se la demolizione delle opere abusive possa compromettere la restante struttura.
La norma viene a costituire, in sostanza, un’ipotesi ulteriore di sanatoria, denominata “fiscalizzazione dell’abuso”.
Il provvedimento di fiscalizzazione della costruzione illecitamente edificata è previsto dall’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Esso riguarda gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo, allorquando la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità al titolo abilitativo.

PARZIALE DIFFORMITÀ DAL TITOLO ABILITATIVO EDILIZIO E FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO: L’ATTIVITÀ ISTRUTTORIA DELLA P.A.

La ricorrente aveva presentato al Comune un’istanza dal duplice oggetto.
Preliminarmente, l’applicazione della sanzione non pecuniaria di cui all’art. 34 T.U. 380/2001, richiedendo la fiscalizzazione dell’abuso.
Poi il recupero abitativo del piano sottotetto creato col medesimo abuso.
Il diniego pronunciato sulla istanza ha precluso qualsiasi possibilità di pronunciarsi sul recupero, e quindi la relativa parte dell’istanza non è stata esaminata.
Il Collegio ha indicato all’amministrazione l’attività istruttoria da compiere per stabilire di che abuso effettivamente si tratti e se la sua fiscalizzazione sia ammissibile.
La P.A., tenuta a decidere sull’istanza, avrebbe dovuto valutare innanzitutto se l’abuso costituisse effettivamente una “parziale difformità”.
E solo in caso positivo se effettivamente la parte difforme dal titolo abilitativo non avrebbe potuto essere demolito senza pregiudizio per la parte conforme.
Nel provvedimento impugnato dinanzi al Giudice di prime cure, l’amministrazione si è fermata al primo punto, per ragioni ritenute “errate”.

FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO E RECUPERO ABITATIVO DEL SOTTOTETTO

La fiscalizzazione di cui all’art. 34 T.U. al comma 2 ter, prevede ipotesi di esclusione dall’applicazione della norma.
Sono esempi le “violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali”.
La norma ha lo scopo di “liberalizzare le costruzioni private”.
Essa non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia.
In altre parole, le violazioni contenute entro il limite del 2% sono irrilevanti.
Il T.A.R. – esaminando il provvedimento di reiezione dell’istanza proposta per la sanatoria del recupero a fini abitativi di vani sottotetto non abitabili – ha errato nell’interpretazione della norma.
L’intervento realizzato è stato considerato in difformità non parziale, ma totale dal titolo abilitativo.
Ciò ha comportato l’adozione della misura demolitoria dell’abuso de quo.
E trattandosi di opera abusiva non sanabile, il recupero abitativo del sottotetto è stato precluso.

Iacopo Correa

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