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Quiete pubblica: non sussiste reato per i cani che abbaiano tutta la notte

Quiete pubblica: non sussiste reato per i cani che abbaiano tutta la notte

Se è vero che can che abbaia non morde, è altrettanto realistico pensare al suo latrato indisturbato e frequente nel corso della notte come sovente determinante nello generarsi di cattivi rapporti tra vicini di casa. Ma davvero gli abbai possono essere causa di disturbo della quiete pubblica?

Con sentenza n 16677/2018, la Corte di Cassazione annulla il reato ex art. 659 del codice penale nei riguardi del proprietario dei cani che abbaiano tutta la notte, qualora la lamentela arrivi solo dai vicini e non da più abitanti del palazzo o del quartiere.

 

Quiete pubblica e rapporti di vicinato: i fatti


In particolare, i giudici della Suprema Corte hanno invalidato la condanna inflitta, nel 2016, dal tribunale di Benevento alla proprietaria di tre cani per il reato di disturbo della quiete per non aver impedito agli animali, lasciati da soli nel terrazzo del suo appartamento, di abbaiare tutta la notte disturbando il riposo di alcuni vicini.

Il comportamento omissivo della proprietaria, configuratosi nella notte tra il 26 e il 27 agosto 2011, avrebbe dunque inficiato il riposo e la quiete di due abitanti di un appartamento limitrofo a quello della donna.

Rammentano i giudici della Suprema Corte che «il reato di cui all’art. 659, comma primo, cod. pen. è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone” (cfr. Cass. n. 8351/2015).

E precisano che «ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dal ricordato art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo – per la loro intensità e per la ubicazione spaziale della loro fonte – per una potenziale pluralità indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate» (Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 febbraio 2000, n. 1394).

 

Quiete pubblica e rapporti di vicinato: la decisione della Suprema Corte


Se il Tribunale di Benevento pone enfasi su come i cani – lasciati dalla proprietaria da soli in un balcone, ovviamente esterno alla parte chiusa dell’appartamento della medesima – abbiano latrato con continuità per buona parte della notte, per la Cassazione, il giudice di merito non avrebbe argomentato adeguatamente in relazione all’intensità degli stessi latrati e alla situazione antropica del luogo in cui i cani erano stati lasciati per la notte.

Nonostante l’unicità dell’episodio di disturbo, nella fattispecie la quiete pubblica, è ravvisabile nel fatto che lo stesso si sia protratto per un non trascurabile lasso di tempo. Tuttavia, non avendo il Tribunale fornito elementi cruciali al fine di stabilire la sussistenza del reato previsto dal codice penale ed essendosi lo stesso estinto per prescrizione, la Cassazione annulla la sentenza senza rinvio.

Eloisa Zerilli

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