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Reato per chi non paga l’assegno di mantenimento: in vigore il nuovo art. 570 bis c.p.

Il 6 aprile 2018 è entrato in vigore il nuovo art. 570-bis del codice penale in materia di inadempimento dell’obbligo di pagare l’assegno di mantenimento.

La norma potrà spaventare molti padri divorziati tenuti, per provvedimento del giudice, a corrispondere l’assegno mensile di mantenimento per i figli, prevedendo gravi conseguenze sul piano penale in caso di inadempimento.

Vediamo dunque le novità introdotte dalla norma e come questa potrà incidere sull’attuale assetto penalistico del diritto di famiglia.

Le conseguenze, civili e penali, dell’inadempimento degli obblighi di assistenza familiare

La norma ex art. 570-bis c.p. è rubricata “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” e va a tipizzare la fattispecie del mancato adempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento dovuto dal coniuge separato o divorziato.

La norma prevede che “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.

La norma, dunque, mira a contrastare ulteriormente le prassi, purtroppo molto frequenti, in cui i padri non corrispondono, o cessano di corrispondere regolarmente, l’assegno di mantenimento dovuto al coniuge o ai figli a seguito della sentenza di separazione o divorzio.

L’ordinamento offre numerosi rimedi civilistici all’inadempimento del coniuge, tra cui si possono citare la possibilità di procedere al pignoramento in forza della sentenza costituente di per sè titolo esecutivo per il recupero degli arretrati, la misura sperimentale attivata provvisoriamente del fondo di solidarietà per il coniuge separato in stato di bisogno, il sequestro previsto dall’art. 156 c.c., la misura preventiva dell’ordine diretto di pagamento, il ritiro del passaporto, le conseguenze ex art. 337 quater sull’affido dei figli e le sanzioni di cui all’art. 709 ter c.p.c.

Fino ad ora, l’art. 570 del codice penale offriva una tutela limitata, prevedendo la sanzione penale per colui che “fa mancare i mezzi di assistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia separato per sua colpa”.

Prima della riforma del 2018,  comunque, l’articolo 12-sexies della legge sul divorzio già estendeva al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile le pene previste dal’’art. 570 del codice penale.

Il nuovo art. 570-bis c.p.

La ratio della nuova norma incriminatrice inserita all’art. 570-bis del codice penale è quella di attuare la riserva di codice penale per i reati che tutelano beni di rilievo costituzionale indicati dal legislatore, incluso il valore delle persona umana: inserire dunque le norme incriminatrici all’interno del codice penale e non in leggi speciali.

Così, è stata disposta l’abrogazione dell’art. 12-sexies della Legge sul divorzio del 1970 ed inserito il nuovo art. 570-bis c.p.

La norma prevede una sanzione molto elevata: il carcere fino ad un anno e la multa fino a 1.032 euro in caso di inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento.

La prima fondamentale differenza è che ad avere rilevanza penale non è più solo il mancato adempimento dell’obbligo verso i figli ma anche nei confronti dell’ex coniuge. In particolare, la norma prevede l’applicabilità delle sanzioni penali al coniuge che si sottrae all’obbligo di corrispondere ogni tipologia di assegno dovuto in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, sia nei confronti dei figli che dell’ex coniuge.

La seconda novità fondamentale è che la norma dà rilevanza penale ad ogni forma di omissione dell’adempimento del mantenimento, non limitatamente ai casi di violazioni gravi al punto da far venire meno i mezzi di sostentamento per i figli, salva la possibilità per il genitore di provare la sussistenza di giustificati motivi tali da escludere la responsabilità dell’obbligato.

La norma, tuttavia, presenta due lacune di notevole importanza. In primo luogo, non fa riferimento all’ipotesi, molto ricorrente nella prassi, di mancato pagamento delle spese straordinarie e, in secondo luogo, non ne prevede l’applicabilità ai genitori non sposati e alle coppie di fatto o omosessuali, creando un’importante lacuna normativa che dovrà essere colmata in via giurisprudenziale.

Martina Scarabotta

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