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Tardiva diagnosi del tumore al seno: la responsabilità dei radiologi

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla responsabilità dei medici radiologi in caso di tardiva o mancata diagnosi del tumore al seno.

Una paziente affetta da tumore al seno aveva convenuto in giudizio due medici-radiologi e l’azienda ospedaliera di cui erano dipendenti, al fine di ottenere il risarcimento del danno conseguente alla tardiva diagnosi del tumore al seno.

La donna, poi deceduta nel corso del giudizio, si era sottoposta, alla fine degli anni ’90, a varie mammografie senza che i radiologi che avevano effettuato gli esami le avessero consigliato ulteriori approfondimenti o indagini ulteriori per diagnosticare il carcinoma al seno da cui era affetta.

La richiesta risarcitoria avanzata dalla paziente, poi operata per la rimozione del tumore e delle metastasi, tardiva diagnosi, derivava dalla mancata esecuzione degli approfondimenti assolutamente necessari ed ineludibili, ai fini di una diagnosi senologica corretta ed esaustiva, non richiesti o consigliati dai radiologi che avevano effettuato gli esami.

La richiesta risarcitoria era stata rigettata dal Tribunale di Crema e dalla Corte d’Appello e anche in Cassazione la donna, a cui dopo la morte erano subentrati gli eredi, non ha ottenuto giustizia.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, sesta sezione civile, n. 10158 del 27 Aprile 2018, dichiarando inammissibile il ricorso e rigettando dunque ulteriormente la richiesta risarcitoria, si fonda sul seguente principio:  la condotta posta in essere dai sanitari convenuti non è censurabile, in quanto questi erano medici radiologi (e, dunque, non clinici e neppure chirurghi) e non potevano sostituirsi a questi ultimi, non rientrando nei loro compiti quello di visitare la paziente , anche in considerazione delle difficoltà e delle insidie che comporta la delicatissima semiologia mammaria: in sostanza, l’esame mammografico, da solo, non era sufficiente alla formulazione di una diagnosi senologica corretta, in quanto esso deve seguire o precedere la valutazione clinica da parte dello specialista, senologo od oncologo, cui, nel caso di specie, la donna aveva ritenuto di non doversi rivolgere, anche se ciò avrebbe probabilmente consentito una diagnosi più precoce del tumore.

Con questa pronuncia, dunque, la Suprema Corte, va a delineare una rigorosa separazione dei ruoli tra medici specialisti e medici-radiologi, individuandone lo specifico campo di competenze, attribuzioni e responsabilità e sancendo che i sanitari convenuti, poiché erano radiologi, erano per ciò solo chiamati ad eseguire la mammografia e a darne corretta lettura, non rientrando nei loro compiti suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti. Da ciò ne conseguiva che la mancata esecuzione dell’approfondimento diagnostico non poteva essere imputato loro e dovendosi quindi escludere la sussistenza del nesso di causalità.

Martina Scarabotta

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