La vicenda della minorenne inglese, che sceglie consapevolmente di destinare il proprio corpo alla crioconservazione sperimentale, ha scosso il dibattito pubblico, suscitando la proliferazione di svariate riflessioni intorno a temi bioetici, economici, giuridici e sociali.
C’è da premettere che, tra le motivazioni associate alla pratica di congelamento del corpo, proprio negli istanti successivi al decesso, v’è quella che vi individua un mezzo per potersi risvegliare in un futuro ove la tecnica avrà conseguito le conoscenze necessarie per raggiungere nuovi obiettivi e permettere il progresso dell’umanità.
Tuttavia, non poche sono le perplessità e i conflitti che emergono sul campo.
Sul versante economico si è battuta la via dei costi, desumendo l’accessibilità della procedura di ibernazione, pur a fronte dell’utopica ipotesi di “rinascita”, soltanto a persone facoltose che possono permettersi di destinare delle cifre consistenti.
Si tratta di un sogno alla portata di tutti o solo per alcuni? Chi può “sognare nel risveglio”? Un ennesimo tentativo di lucro sulle “credenze” ingenue delle persone ad opera di centri d’interessi economici?
Anche sul versante bioetico, l’attenzione rivolta verso un nuovo modo di incidere sulla natura umana, addirittura anelando la risurrezione, scatena feroci contrasti fra gli adepti dello scientismo tecnologico e i paladini della sacralità della vita: la scienza è al servizio dell’uomo o l’uomo è assorbito dalla scienza sino a diventarne un prodotto artificiale?
Nondimeno, non può tacersi il risvolto umano della storia, che vede un giudice, interpellato a risolvere il disaccordo fra i genitori sulla disposizione del corpo della figlia dopo l’inevitabile decesso, assecondare il desiderio della minore, colpito dal coraggio mostrato sino agli ultimi istanti di vita.
Siamo davanti a una peculiare forma di attaccamento alla vita, manifestato da chi, in ragione dell’età, si trova in quella fase dello sviluppo umano in cui ci si inizia a sporgere con curiosità e fascino alla vita e, pur colpito della crudeltà degli eventi, chiede di voler congelare il corpo nella speranza di un risveglio futuro.
In questo modo viene introdotto un radicale capovolgimento di prospettiva: la ragazza ha espresso il suo ultimo atto di volontà, ma la richiesta di congelare il proprio corpo nella speranza di un “ritorno” nel futuro, rende la volontà espressa non più l’ultima, ma, essendo volontà legata al prolungamento, al differimento vita, se non addirittura all’eternità, è volontà idealmente e potenzialmente indefinita.
C’è da chiedersi se anche noi saremmo disposti ad accogliere una soluzione del genere, che si schiera a favore del valore assoluto della vita, ignorando o trascurando ciò che riserverà il futuro quando si riapriranno gli occhi, nell’incertezza delle condizioni che si presenteranno, siano esse favorevoli o sfavorevoli; del resto si sa, l’alternativa fra vivere e vivere bene, come ammonì Seneca optando per la seconda, non è mai stata facile.
Dario Pagano