Come per la temperatura, forse, in Italia c’è una giustizia “percepita” e una giustizia “reale”. Fatto è che, dati alla mano, il sistema della giustizia civile «non è più la palla al piede della competitività», spiega Luciano Violante dalle colonne della Stampa in occasione della presentazione del convegno organizzato a Milano dalla fondazione Italiadecide in collaborazione con Intesa San Paolo con l’obiettivo di monitorare il ranking dell’Italia, ossia quell’indice di valutazione che produce effetti sulle decisioni degli investitori stranieri e sulla reputazione di uno Stato. La ricerca è stata condotta analizzando gli indicatori di performance dei dieci più grandi tribunali italiani e confrontandoli con gli Stati Europei più simili all’Italia per dimensioni demografiche. E i numeri – commenta l’ex Presidente della Camera – «smentiscono le tradizionali lamentazioni sulla nostra giustizia civile come fattore di disincentivo per gli investimenti. C’è ancora molta strada da percorrere, ma quella imboccata dal ministro Orlando è giusta».
L’indagine ha infatti evidenziato che, tra il 2010 e il 2014, l’Italia ha conseguito miglioramenti importanti, riuscendo a ridurre e talvolta di colmare totalmente la distanza con gli altri Paesi. In linea tendenziale, quello che emerge è che è diminuita la litigiosità, insieme all’arretrato. Torino, Milano e Genova sono le sedi capoluogo più virtuose, con una percentuale di affari civili pendenti tra il 5% e il 12%. La situazione è un po’ diversa nel Meridione: lo stesso dato sulle pendenze è pari al 34,7% a Catania e al 45,3% a Bari. Le regioni del Sud e le isole sono infatti l’area più in affanno per quanto riguarda la giustizia civile. Questo dato tuttavia non scoraggia il guardasigilli Andrea Orlando, che stamattina ha partecipato alla presentazione del del rapporto facendo professione di ottimismo e rivendicando di esser riuscito a ridurre drasticamente l’arretrato, senza determinare un aggravio sui tempi dei processi in corso.
«C’è un Sud – ha aggiunto il ministro commentando i risultati della ricerca – che è in grado di crescere rapidamente. Dalla mappa della giustizia della Sicilia, che sta nella parte bassa della classifica, scopriamo ad esempio che ci sono tribunali che si sono piazzati ai primi posti a livello nazionale». A fare la differenza, «è chi dirige la baracca, perché il servizio giustizia va considerato nella sua sacralità, ma questo non deve essere scisso dal suo carattere organizzativo».
Un argomento, questo, particolarmente caro a Orlando, che ha sottolineato come non vi sia «un rapporto stretto di causa-effetto tra scoperture di organici del personale amministrativo e l’andamento del tribunale. Io – dice – mi sono preso la briga di andare a visitare i dieci tribunali d’Italia in maggiore difficoltà, sulla base dei dati di cui disponevamo, e ho scoperto che sette di quei tribunali erano a pieno organico, sia di magistrati che di personale amministrativo. Anzi, ho scoperto che in alcuni casi c’erano delle convenzioni fatte con Enti locali per avere ancora più personale di quello previsto dalle piante organiche, eppure stavano in coda nella classifica generale. Quando parlo di alibi – ha aggiunto – voglio dire che analizzando la debolezza di questi tribunali, si vede che quelle realtà sono spesso senza un capo ufficio o con un capo ufficio non all’altezza. Poi c’è un turn over altissimo che rende difficile la programmazione dell’aggressione dell’arretrato». La cosa più importante è dunque «approvare la riforma organizzativa del processo civile, che avrà l’effetto di stabilizzare e di potenziare i risultati che già abbiamo ottenuto».
Il Ministro non manca infine di raccogliere l’assist che gli è arrivato ieri gruppo Greco, il gruppo di Stati contro la Corruzione del Consiglio d’Europa, che ha segnalato la necessità che il nostro Paese si doti di regole più stringenti sulla presenza di magistrati in politica. L’Italia – ha assicurato – terrà nella debita considerazione queste osservazioni. «Dobbiamo rifletterci e capire quale può essere la risposta, come sempre abbiamo fatto a partire dagli altri temi che ci sono stati posti come la corruzione. Abbiamo sempre preso molto sul serio le cose venute da quel gruppo di lavoro e adesso dobbiamo fare altrettanto»
(Amer)