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Abito da sposa su modello: anche se l’atelier sbaglia, la sposa deve saldare il prezzo pattuito

E’ costata molto cara ad una giovane sposa romana la scelta di affidare ad una prestigiosa casa di moda capitolina la realizzazione dell’abito da sposa da indossare il giorno del suo matrimonio. Oltre a rimanere assolutamente insoddisfatta dell’abito realizzato, la donna è stata costretta a pagare l’intero prezzo dell’abito da sposa oltre ad una salata condanna alle spese del giudizio da cui è uscita sconfitta.

La sposa romana decideva, per il suo grande giorno, di indossare un abito da sposa realizzato da un’importante negozio di alta moda di Roma, a cui la sposa aveva commissionato la realizzazione del vestito su presentazione di un modello tratto da una rivista di moda.

L’abito da sposa tuttavia veniva realizzato in maniera difforme da quanto pattuito, lamentando la sposa che l’abito era troppo classico, con le spalline troppo sottili e con la gonna troppo dritta. Insomma, l’abito dei sogni che la sposa aveva scelto e commissionato all’atelier di moda non era stato realizzato come la sposa avrebbe desiderato in conformità del modello esibito, e ciò sarebbe stato la causa del rifiuto della giovane sposa a saldare il prezzo dell’abito di cui aveva già versato un acconto.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda della nubenda, dichiarando l’inadempimento del negozio di moda, qualificato in veste di appaltatore; invece, in appello la sposa-committente fu al contrario condannata al pagamento del residuo prezzo dovuto per la realizzazione dell’abito da sposa.

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con la sentenza n. 8509 del 31 marzo 2017, è stata chiamata a pronunciarsi sulla vicenda e, confermando la pronuncia d’appello, ha ritenuto infondate le pretese della donna, confermando la condanna a pagare l’intero prezzo dovuto per la realizzazione dell’abito da sposa. Secondo la Corte, infatti, la sposa non aveva adeguatamente dimostrato in giudizio la difformità dell’abito realizzato rispetto a quello commissionato e il giudizio in cassazione non può consistere in una nuova disamina del merito della vicenda.

La sposa, infatti, si sarebbe limitata ad una vaga e generica denuncia di difformità del modello senza provare le caratteristiche essenziali che l’abito avrebbe dovuto avere e quindi lo scostamento da esse. Una semplice denuncia di difformità non corredata da specifiche prove circa le caratteristiche e i parametri che l’abito avrebbe dovuto rispettare non sarebbe sufficiente per sottrarsi al pagamento dell’intero prezzo dovuto e cui la committente è stata condannata in aggiunta alle spese di lite.

Martina Scarabotta

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