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Abusivismo edilizio, legittimo il sequestro anche se il Comune ha rilasciato il permesso di costruire

È da ritenersi legittimo il sequestro preventivo per abusivismo edilizio disposto nei confronti di fabbricati residenziali in costruzione in una zona riclassificata dal Piano di assetto idrogeologico a rischio R4, sebbene il Comune abbia in precedenza rilasciato il permesso di costruire. (Cass. 6891/2017)

Abusivismo edilizio, il caso

La ricorrente proponeva ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del tribunale che aveva rigettato l’istanza di riesame in opposizione al decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti di quattro fabbricati residenziali di un complesso edilizio in costruzione e di due porzioni di edificio ubicate in parte in zona R4 ed in parte in zona di rispetto, in relazione al reato di cui all’art. 44, lett. a), d.P.R. 380/2001.

Le censure avanzate dalla stessa si basavano, in particolare, sulla circostanza per cui il giudice di prime cure non aveva esaminato i profili di erroneità della consulenza tecnica del Pubblico Ministero, il quale non aveva riportato l’effettiva perimetrazione dell’area “a rischio frana” R4, ma si era limitato a rappresentare cartograficamente solo l’area soggetta “a pericolo frana”. La consulenza tecnica di parte aveva documentato che due delle quattro ville sequestrate ricadessero nella fascia di rispetto dell’area a pericolo frana, non classificata a rischio R4, e sottratta al vincolo di inedificabilità ai sensi dell’art. 16, comma 1 b, delle norme di attuazione e misure di salvaguardia del PAI (Piano Assetto Idrogeologico). Inoltre, la consulenza tecnica, la relazione geologica e quella sulla pericolosità sismica escludevano il rischio di fenomeni franosi R2, tant’è che nessun fabbricato presentava fenomeni fessurativi, grazie alla profondità delle loro fondazioni.

La perizia di parte veniva ritenuta erroneamente inconferente, poiché basata su una cartografia del 2010, antecedente alla riclassificazione dell’area dal livello di rischio R2 a R4; tuttavia, tale documento risultava essere l’unica tavola ufficiale emanata dall’Autorità di Bacino.

In ultimo, la ricorrente contestava la violazione dell’art. 321 c.p.p., posto che il sequestro veniva disposto nei confronti di

soggetti estranei al reato, terzi acquirenti in buona fede degli immobili.

Abusivismo edilizio, i presupposti a fondamento della pronuncia

La Corte esclude che le doglianze proposte siano ammissibili perché, seppur deducendo formalmente il vizio di violazione di legge, in realtà censurano la motivazione del sequestro.

Essa sottolinea che, a seguito dell’adozione dei piani urbanistici, ovvero dalla delibera del piano e dalla sua pubblicizzazione da parte dell’organo amministrativo competente, entrano in vigore le misure di salvaguardia. Esse hanno lo scopo di impedire che prima dell’approvazione del piano vengano eseguiti interventi che compromettano gli assetti territoriali che lo stesso prevede. Conseguentemente, integrano la violazione dell’art. 44 del d.p.r. 380/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), tutti quegli atti compiuti dopo l’adozione e prima dell’approvazione del piano, in quanto eseguiti in contrasto con le misure di salvaguardia.

Quanto al profilo della buona fede dei terzi acquirenti, occorre ricordare che oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene  a chiunque appartenga (quindi anche a persona estranea al reato) purché esso sia collegato al reato, anche indirettamente, e, ove lasciato in libera disponibilità, sia idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti.

Non assume pertanto rilievo la buona fede dei terzi acquirenti, non ricorrendo in tale vicenda un’ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca, bensì di sequestro c.d. “impeditivo”, volto ad evitare che la libera disponibilità del bene possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato. Tale pericolo risulta insito nell’esistenza della struttura abusiva, realizzata in un’area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta.

Pertanto, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese.

 

Teresa Cosentino

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