La presenza di dipendenti “in nero” non fa scattare automaticamente l’accertamento induttivo, ma è necessario valutare la gravità della violazione rispetto alla realtà aziendale del contribuente. Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2466 del 31 gennaio 2017.
Accertamento induttivo e contabilità inattendibile
L’accertamento induttivo extracontabile è regolato dall’articolo 39 comma 2 del del D.P.R. n. 600/1973.
A differenza dell’accertamento analitico-induttivo che presuppone l’attendibilità complessiva della contabilità e consiste nella rettifica di singoli elementi reddituali, l’accertamento induttivo extracontabile, al contrario, presuppone una contabilità complessivamente inattendibile. L’Ufficio può procedere ad accertamento induttivo extracontabile solo nei casi previsti tassativamente dall’articolo sopra indicato.
L’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità inattendibile, può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze delle scritture contabili, ed accertare induttivamente il maggior reddito utilizzando presunzioni anche non dotate dei requisiti di precisione gravità e concordanza di cui all’articolo 2729 del c.c.
I casi, come detto, sono tassativamente previsti dal legislatore. La lettera d) dell’art. 39 comma 2 prevede, in particolare, la possibilità per l’Ufficio di procedere ad accertamento induttivo extracontabile in presenza di inattendibilità delle scritture contabili obbligatorie a causa della gravità, numerosità e ripetizioni delle omissioni e/o false o inesatte indicazioni rilevate in sede di ispezione.
Il caso
A seguito di un’ispezione congiunta dell’Inps e della Direzione Provinciale del Lavoro presso i locali di una società, emergeva la presenza di lavoratori irregolari.
L’Agenzia delle Entrate, emetteva avviso di accertamento ex artt. 39, comma 2, lett. d), e 40 del D.P.R. n. 600 del 1973, ai fini delle imposte dirette, ed ex art. 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, ai fini IVA, per l’anno d’imposta 2004,
con determinazione delle maggiori imposte per Ires, Irap ed IVA.
Il provvedimento veniva impugnato dinanzi alla competente commissione tributaria che, per entrambi i gradi di merito, riduceva il maggior reddito accertato del 50%.
La contribuente proponeva quindi ricorso per Cassazione.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamentava l’illegittimità dell’accertamento induttivo perché la presenza di due dipendenti irregolari su 49 complessivamente assunti, non era un elemento così grave da inficiare l’attendibilità delle scritture contabili. Con il secondo motivo di ricorso invece, lamentava una carente motivazione su un punto decisivo: il carattere di gravità e sufficienza delle contestazioni rilevate a carico della ricorrente per fondare il ricorso ad un accertamento induttivo.
La decisione
I giudici di Cassazione hanno accolto entrambi i motivi di ricorso.
L’articolo 39 del D.P.R. 600/73, consente all’Amministrazione finanziaria di desumere l’esistenza di attività non dichiarate anche facendo ricorso a presunzioni semplici, assistite dai caratteri di gravità, precisione e concordanza.
A ciò consegue, secondo costante giurisprudenza, che pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, è ammissibile l’accertamento induttivo del reddito qualora la contabilità possa ritenersi nel complesso inattendibile.
Nella vicenda in esame, l’inattendibilità discenderebbe dall’esistenza di prestazioni lavorative irregolari. Vi è da notare però come tali irregolarità hanno coinvolto esclusivamente due lavoratori (su un totale di 49 dipendenti) e per un periodo di pochi mesi, con una pronta regolarizzazione in epoca anteriore all’ispezione, per una somma totale di retribuzioni erogate pari a euro 6.644, in termini marginali rispetto alla complessiva attività svolta.
La Cassazione quindi osserva che il giudice di appello ha ritenuto che «la presenza di lavoratori in nero fa scattare un accertamento induttivo» rilevando che «il verbale di ispezione dell’INPS ha richiamato rilievi per gravi irregolarità relative alla presenza di lavoratori non regolarmente risultanti dall’apposita documentazione obbligatoria», ma non ha chiarito «con riferimento alla concreta realtà aziendale, le ragioni di una tale valutazione» né ha illustrato, «gli elementi fattuali e l’iter logico che hanno condotto a ritenere la violazione contestata dotata di quei caratteri
di gravità e sufficienza tali da far ritenere l’intera contabilità complessivamente ed essenzialmente inattendibile e giustificare l’accertamento induttivo».
Interessante il principio che si ricava dalla pronuncia in esame. Secondo la Corte, il giudice di merito deve valutare gli illeciti riscontrati non in sé e per sé, ma in concreto, alla luce del complesso dell’attività del contribuente e spiegare per quali ragioni sono, di conseguenza, ritenute inattendibili le scritture.
Maria Rosaria Pensabene