Se è disposta la confisca di animali maltrattati e nessuna associazione o ente si occupa di loro è il Comune che deve provvedere al loro mantenimento, , analogamente a quanto avviene per i cani randagi. E’ questo ciò che emerge dalla lettura della sentenza n. 18167/2017 con la quale la Cassazione un vuoto normativo ricorrendo ad un’interpretazione sistematica.
Il caso
Congiuntamente all’emissione del decreto di penale di condanna per maltrattamento di 8 cani, il Gip del Tribunale di Saluzzo aveva disposto la confisca degli animali senza, però, individuare la destinazione conformemente a quanto previsto dall’articolo 19 quater disp. att. c.p. Gli animali erano dunque di fatto rimasti presso l’allevatore condannato che chiedeva al giudice dell’esecuzione di aver liquidate le spese di custodia. Rigettata l’istanza, la questione è finita in Cassazione.
I motivi
Secondo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte, infatti, già prima dell’istanza di liquidazione, il Gip di Salluzzo aveva precisato che gli animali confiscati sono di proprietà del Comune dove soggiornano, parimenti a quanto avviene per i cani randagi; conseguentemente, quindi, la titolare dell’allevamento doveva rivolgersi al Comune per ottenere il rimborso delle spese sostenute.
La Corte trae spunto dalla vicenda per ripercorrere brevemente la legislazione in materia: dopo brevi accenni alla Convenzione europea per la protezione degli animali di compagnia (ratificata in Italia nel 2010), al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ratificato in Italia nel 2008) e alla giurisprudenza che riconosce nell’animale da compagnia un “essere senziente”, si procede ad un’interpretazione sistematica dell’art. 19 quater disp. att. c.p. Per i Giudici, la norma deve essere letta nel contesto normativo nazionale ed internazionale che ha visto, soprattutto negli ultimi, una crescente sensibilità nei confronti della tutela degli animali. In particolare, l’articolo su citato prevede che gli animali confiscati devono essere affidati “alle associazioni o agli enti che ne facciano richiesta e che diano garanzia di poterli tenere in modo adeguato“; il problema, quindi, si pone quando non ci sono strutture disponibili. Il d.P.R. 31 marzo 1973 all’articolo 3 e il d.P.R. 8 febbraio 1954 n. 320 prevedono che il Sindaco pro tempore ha il compito di vigilare sull’osservanza delle norme a tutela degli animali con la conseguenza che, in ultima ipotesi, spetta a lui occuparsi degli animali meticci del territorio dove esercita le sue funzioni.
Questo principio, letto nel quadro più ampio dell normativa interna, porta a ritenere che il Sindaco ricopre una funzione di Garante degli animali con la conseguenza che deve essere lui a provvedere al loro mantenimento in caso di confisca. Pertanto, nel caso di specie, come era stato già evidenziato dal Gip, spettava al Comune provvedere al rimborso delle spese per il mantenimento degli animali confiscati.
A seguito di ciò, il ricorso è stato respinto e la titolare dell’allevamento è stata condannata al pagamento delle spese processuali.
Rosa d’Aniello