L’assessore che, per velocizzare l’emanazione di una delibera in favore di un privato, chiede un contributo politico in assenza di minaccia o costrizione, non commette il reato di concussione.
Concussione e contributo politico: la vicenda
Una ditta di costruzioni aveva ricevuto in affidamento lavori per la realizzazione di un collettore fognario comunale, per un importo pari a circa 200.000 euro. Dopo un anno i lavori erano ultimati ma il Comune non aveva erogato alcun compenso e l’imprenditore titolare della ditta necessitava di liquidità per pagare fornitori e dipendenti. Di conseguenza, l’imprenditore aveva contattato l’assessore comunale ai lavori pubblici per chiedergli se il Comune potesse erogare alla sua impresa un’anticipazione sulla base del secondo stato di avanzamento dei lavori. L’assessore aveva detto di essere disponibile, ma aveva contestualmente richiesto una somma a titolo di «contributo politico». L’imprenditore aveva consegnato 3.000 euro all’assessore e, in seguito al pagamento da parte del Comune alla ditta di costruzioni, l’assessore chiese ulteriori 2.000 euro che vennero consegnati dall’imprenditore.
Concussione e contributo politico: si configura il reato?
L’assessore, sia in primo grado che in appello, è stato ritenuto responsabile del reato di concussione e condannato a quattro anni di reclusione. I giudici hanno ritenuto sussistente il reato in quanto l’imputato si sarebbe fatto indebitamente consegnare dall’imprenditore, in difficoltà economiche, la somma di 5.000 euro in due rate, per la corresponsione in favore della sua impresa di un’anticipazione sullo stato di avanzamento lavori, pari a circa 60.000 euro.
L’assessore ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che l’imprenditore non avesse mai dichiarato di aver ricevuto minacce ed ha anzi riferito di aver ricevuto la richiesta di denaro, precisamente di un «contributo politico», solo dopo la delibera della giunta comunale che concedeva l’anticipazione, quindi in un momento in cui l’imputato non aveva più poteri in relazione alla pratica.
Concussione: cos’è
La Cassazione ha più volte precisato quando possa configurarsi il reato di concussione ai sensi dell’art. 317 codice penale. Secondo le Sezioni Unite, in particolare, la fattispecie di concussione è integrata mediante una condotta abusiva del pubblico ufficiale che può estrinsecarsi, oltre che nelle forme della violenza, anche nelle forme della minaccia. La minaccia deve avere ad oggetto la produzione di un danno ingiusto che può consistere, tra l’altro, nella «mancata acquisizione di un bene a cui si ha diritto», ovvero nella «omessa adozione di un provvedimento vincolato favorevole». La minaccia può essere anche implicita.
Concussione e contributo politico: la Cassazione salva l’assessore
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 45106/2017 della sesta sezione penale, ha annullato la sentenza di condanna dell’ex assessore. I giudici hanno ritenuto che dalla vicenda non emergesse una minaccia esplicita da parte dell’assessore nei confronti dell’imprenditore. Inoltre hanno ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per dimostrare l’esistenza di una minaccia implicita che configurasse la concussione e hanno rinviato il giudizio alla Corte d’appello.
Livia Carnevale