Avvocato: la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso per cassazione non è esclusa dalla sola circostanza che il cliente non abbia rilasciato la procura speciale richiesta. Sull’avvocato grava l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione.
Avvocato responsabile per omesso ricorso per cassazione: il caso
Due clienti di un avvocato avevano denunciato il professionista per non aver presentato, nonostante il mandato ricevuto dai due, ricorso per cassazione in un giudizio che li ha visti soccombenti. La domanda per responsabilità professionale dell’avvocato è stata rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello. Quest’ultima ha ritenuto che i clienti avrebbero dovuto provare di aver conferito uno specifico mandato per proporre il ricorso per cassazione e che non avessero fornito questa prova in giudizio. I due clienti hanno, dunque, proposto ricorso per cassazione.
Avvocato responsabile per omesso ricorso per cassazione: le motivazioni
I due ricorrenti hanno ritenuto che la Corte d’appello avesse errato in ordine alla interpretazione del contratto di mandato professionale, nonché alla distribuzione dell’onere probatorio fra clienti e avvocato circa l’esistenza (od inesistenza od estinzione) di un tale mandato professionale per la tutela giudiziale anche davanti alla Corte di Cassazione. Infatti il giudice d’appello ha sostenuto che il professionista, pur in caso di incarico per la difesa in tutti i gradi di giudizio, dovrebbe ottenere un consenso specifico del cliente per proporre il ricorso per cassazione e secondo cui sarebbe onere del cliente dare prova di avere fornito tale consenso specifico. Secondo i ricorrenti, invece, una volta provata l’esistenza di un contratto di patrocinio tra cliente e professionista avvocato per la cura di un determinato affare, spetterebbe al professionista la prova che tale rapporto si è interrotto. Ancora, rilevano che per la prova del contratto non sarebbe indispensabile il rilascio della procura ad litem, essendo questa necessaria soltanto per lo svolgimento dell’attività processuale, mentre il rapporto tra avvocato e cliente sorge in forza di una species del contratto di mandato che non necessita di forma scritta.
Avvocato responsabile per omesso ricorso per cassazione: la decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con sentenza della terza sezione civile, n. 7410/2017, ha accolto il ricorso dei due clienti. Innanzitutto la Corte precisa la differenza tra contratto di patrocinio e procura alle liti. Mentre quest’ultima è un negozio unilaterale col quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il contratto di patrocinio è un negozio bilaterale col quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato (così già Cass. n. 13963/06, nonché, Cass. n. 18450/14 e ord. n. 13927/15). Ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale, e non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma. Né rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perché il mandato può essere anche gratuito, sia perché, in caso di mandato oneroso, il compenso e l’eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso.
Avvocato responsabile per omesso ricorso per cassazione: principio di diritto
Tenuto conto degli artt. 1218, 1176, comma secondo, 2230 e 2236 codice civile, nonché della richiamata distinzione tra contratto di patrocinio e procura alle liti, spetta ai clienti provare di avere affidato all’avvocato l’incarico di assistenza professionale relativa ad un determinato affare ed il mandato di agire in giudizio, per conseguire il risultato avuto di mira. Aggiunta questa prova, spetta all’avvocato provare l’avvenuto adempimento del mandato, con la diligenza e la perizia richieste dalla natura dell’attività, e precisamente provare di avere adempiuto alle obbligazione di cui si è detto sopra, quanto agli obblighi di informazione, sollecitazione e cura dell’attività giudiziale nascenti dal contratto di patrocinio, ovvero di non avervi adempiuto per fatto a sé non imputabile o per cessazione del rapporto contrattuale. Nel caso di specie non avrebbe potuto essere attribuito alcun rilievo al mancato rilascio della procura speciale per proporre ricorso per cassazione. La Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: “Qualora il cliente abbia fornito la prova della conclusione del contratto di patrocinio, con il conferimento dell’incarico all’avvocato di proporre azione in giudizio in primo ed in secondo grado, non è necessario il conferimento di ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, della cui prova sia gravato il cliente. La sola circostanza che questi non abbia rilasciato la procura speciale richiesta allo scopo non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado e di averlo informato di questo esito e delle conseguenze dell’omessa impugnazione, nonché l’onere di provare di non aver agito in sede di legittimità per fatto a sé non imputabile (quale il rifiuto di impugnare o di sottoscrivere la procura speciale da parte del cliente) ovvero per la sopravvenuta cessazione del rapporto contrattuale”.
Di conseguenza la Corte ha cassato la sentenza impugnata e rimesso il giudizio dinanzi la Corte d’appello, con applicazione del principio di diritto enunciato.
Livia Carnevale