A volte può capitare di passare al di là della barricata e di trasformarsi da difensori in imputati.
E se ad essere condannato è un avvocato, alla pena decisa dal giudice si aggiunge anche una sanzione disciplinare.
Avvocato spacciatore: sospensione solo per un anno. La vicenda.
Tanto è quanto accaduto all’Avvocato X che, dopo essere stato condannato in sede penale per il delitto di traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, riceveva la sanzione più grave prevista dalla normativa di riferimento, ovvero quella della radiazione da parte del Consiglio dell’Ordine di appartenenza.
Contro questa sanzione il professionista proponeva ricorso al Consiglio nazionale Forense che lo accoglieva parzialmente: la radiazione, infatti, veniva sostituita dalla sanzione meno grave della sospensione dall’esercizio della professione per un periodo di tre anni. Tale decisione veniva presa in virtù del fatto che la condotta contestata non risultava considerata espressamente nel nuovo ordinamento forense, in cui c’è una tendenza a tipizzare gli illeciti disciplinari, e in virtù di una serie di circostanze valutate a favore dell’incolpato. Sarebbero state valutate positivamente, infatti, la giovane età dell’Avvocato, il breve arco di tempo di consumazione dell’illecito e le modalità di coinvolgimento nella condotta. Ebbene, secondo il CNF, tali circostanze sarebbero da ritenere idonee “a far presumere il recupero di una linearità di comportamento tale da legittimare il suo reinserimento nell’ordinamento forense”.
Ma, pur avendo ottenuto un alleggerimento della sanzione, il professionista non si è ritenuto soddisfatto, in quanto, a suo avviso, la sospensione era stata inflitta per un periodo di tempo – tre anni appunto – superiore a quello massimo previsto per legge – un anno.
Avvocato spacciatore: sospensione solo per un anno. La cassazione.
Per questo motivo impugnava la decisione con ricorso per cassazione denunciando violazione di legge, stante il fatto che l’art. 40 r.d.l. n. 1578 del 1933, norma applicabile al momento della commissione dell’illecito, prevedeva un termine massimo per la sanzione della sospensione di un anno, sollecitando, pertanto, in via di urgenza, la sospensione della sanzione in questione.
Per le Sezioni Unite, il professionista non ha torto; il ricorso è fondato proprio sulla base del dato letterale dell’art. 40 r.d.l. n. 1578 del 1933, che si applica nella specie ratione temporis, il quale prevede che “Le pene disciplinari, da applicarsi secondo i casi, sono: 1° l’avvertimento, che consiste nel richiamare il colpevole sulla mancanza commessa e nell’esortarlo a non ricadervi, ed è dato con lettera del segretario del sindacato; 2° la censura, che è una dichiarazione formale della mancanza commessa e del biasimo incorso; 3° la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo non inferiore a due mesi e non maggiore di un anno, salvo quanto è stabilito nell’art. 43; 4° la radiazione dall’albo”.
Per le Sezioni Unite, come si legge nella sentenza 9860/2017, ogni sanzione comminabile agli avvocati che sia diversa da quelle previste o comunque irrogata al di fuori delle previsioni di legge è da ritenere illegittima, stante il numero chiuso delle stesse. Cosi nel caso in commento, in cui la sanzione della sospensione era stata irrogata, appunto, per un periodo maggiore rispetto a quello previsto dalla norma e pertanto illegittimamente.
Insomma, per la serie: “chi troppo vuole nulla ottiene”!
La parola torna al CNF.
Iolanda Giannola