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Banche: risarcisce l’istituto se il promotore non è chiaro

La banca deve risarcire i danni se il promotore finanziario non fornisce esatte informazioni sul reale andamento delle operazioni finanziarie. Così la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 18363/2017 ha accolto il ricorso proposto da due sfortunati clienti di un nota Banca.

Il fatto

La domanda risarcitoria dei ricorrenti si fondava sulla condotta del promotore finanziario dell’Istituto di credito il quale, nonostante, i clienti avessero chiarito di acconsentire esclusivamente investimenti a basso rischio, aveva dissimulato il reale (negativo) andamento
delle gestioni a lui affidate, sottoponendo ai clienti prospetti falsi (che non trovavano corrispondenza nella situazione patrimoniale reale) e tentando di recuperare le perdite ponendo in essere operazioni ad alto contenuto di rischio (così provocando ulteriori
dissesti, sempre artatamente dissimulati).

Gli obblighi di diligenza ed informazione del promotore finanziario

La Suprema Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso degli sfortunati clienti ha condannato la Banca a risarcire i danni.
Infatti, i Giudici, relativamente alla prova del nesso causale tra la condotta del promotore finanziario e il dissesto economico patito dai ricorrenti, hanno evidenziato che se è vero che grava sugli investitori l’onere della prova del danno sofferto per il fatto illecito del promotore e del nesso di causalità tra l’illecito ed il danno (Cass. n. 6708/10), è pur indubitabile che, nel caso di specie, la condotta del promotore finanziario e, nello specifico, la violazione da parte sua degli obblighi di diligenza e di informazione -particolarmente stringenti- imposti dalla normativa di settore costituiscono elementi gravi precisi e concordanti, su cui fondare la prova presuntiva della sussistenza di conseguenze pregiudizievoli per il patrimonio degli investitori e della derivazione causale di queste conseguenze dagli illeciti attribuiti al promotore finanziario.
Infatti, come ben evidenziato in parte motiva dalla Suprema Corte, la violazione di specifici obblighi di informazione, volti a consentire al risparmiatore il compimento di scelte oculate e la prevenzione dei rischi connessi all’investimento, lascia presumere che questi rischi non sarebbero stati corsi se vi fosse stata un’adeguata informazione (Cass. n. 14056/10 e n. 29864/11).

E’ chiaro, cioè che dall’inadempimento degli obblighi di informazione che gravano sull’intermediario «consegue in via presuntiva l’accertamento del nesso di causalità del danno subito dall’investitore» (Cass. n. 12544/17), a nulla rilevando che tale prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass. S.U. n. 576/08). Infatti, la prova del nesso di causalità tra l’inadempimento dell’intermediario finanziario e i danni lamentati dall’investitore può essere anche presunta (Cass. n. 3773/09, n. 29864/11 e n. 5089/16 cit.).

Domenica Maria Formica

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