L’altezza non è requisite necessario per l’accesso al corpo dei vigili del fuoco ed in generale nelle Forze Armate. L’esclusione per deficit di statura è causa di discriminazione ed è per ciò sempre illegittima.
E’ questo il contenuto della sentenza del TAR Lazio n. 3632 del 17 marzo 2017 che ha accolto il ricorso di una donna romana proposto contro il Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, al fine di ottenere l’annullamento di un provvedimento del 2016 di esclusione dalla procedura selettiva per la qualifica di Vigile del Fuoco.
La ricorrente partecipava alla procedura selettiva per l’accesso ai ruoli del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, dopo molti anni di servizio volontario nel corpo, e veniva quindi sottoposta all’accertamento del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica e attitudinale. L’aspirante vigile del fuoco superava le prove di efficienza fisica ma, in sede di accertamenti sanitari, veniva dichiarata non idonea dalla Commissione medica, in ragione unicamente del ritenuto deficit di statura, rilevato in 158 cm.
La ricorrente quindi contesta l’avvenuta esclusione fondata unicamente su motivi di statura per due ragioni: in primo luogo, la stessa aveva operato per ben 13 anni in qualità di personale volontario dei vigili del fuoco, senza che mai la statura sia stata d’ostacolo all’attività e riponendo quindi un legittimo affidamento sulla non necessarietà dell’altezza. In secondo luogo, viene richiamata un’ampia giurisprudenza ormai consolidata, nonché la recente riforma normativa del 2015, che ritiene illegittima la previsione nei bandi di concorso delle forze armate la previsione di limiti minimi di altezza.
In particolare, la L. 2/2015 in vigore dal 6 febbraio 2015 ha riformato il D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare) disponendo che, ai fini del reclutamento nelle Forze armate (incluso il corpo dei vigili del fuoco) occorre rientrare nei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, secondo le tabelle stabilite dal regolamento, eliminando, quindi, l’attuale previsione relativa ad un limite minimo di altezza.
Posto che la norma è destinata ad operare per i bandi di concorso indetti successivamente alla riforma, mentre il concorso dei vigili del fuoco de quo era del 2008, il TAR Lazio, per accogliere il ricorso della donna illegittimamente esclusa, non si limita a richiamare la norma di legge, ritenuta comunque operante visto che il provvedimento di esclusione sarebbe stato adottato successivamente alla novella normativa ovvero nel 2016, ma di più, viene richiamata l’ormai costante giurisprudenza e, da ultimo, il parere del Consiglio di Stato n. 2636 del 2015 che, conformemente alla direttiva comunitaria 78 del 2000, sancisce che la finalità perseguita dal legislatore con la legge 12 gennaio 2015 n.2, è quella di “non precludere l’accesso ai Corpi suddetti [forze armate, alle forze di polizia e al corpo dei vigili del fuoco] in ragione della mancanza del requisito dell’altezza minima prevista dalle attuali disposizioni, ma di consentire la valutazione del soggetto in base a differenti parametri dai quali possa comunque desumersi in maniera imprescindibile l’idoneità del soggetto allo svolgimento del servizio militare o d’istituto”.
Il divieto di discriminazione all’accesso al pubblico impiego implica che per l’accesso alle forze armate debbano essere effettuate selezioni accurate volte ad accertare i requisiti necessari per lo svolgimento della peculiare attività lavorativa ma queste non devono basarsi su meri dati numerici, quale l’altezza, quanto su prove realmente selettive, come ad esempio quelle ginniche, dal momento che l’altezza non è parametro adeguato a rispecchiare le effettive capacità fisiche di un soggetto.
Martina Scarabotta