Nel caso in cui si verifichi la morte di un soggetto perchè folgorato in seguito all’avvenuto contatto con la carcassa di un videogioco situato all’interno di uno stabilimento balneare, ne rispondono sia il proprietario dell’impianto, che il manutentore del gioco. (Cass. 53326/2016).
Bimba folgorata da giocattolo, il caso
La vicenda sottoposta all’esame della Suprema Corte aveva ad oggetto la morte di una bambina di quattro anni, avvenuta all’interno di uno stabilimento balneare mentre giocava con un videogioco presente al suo interno. Mentre la piccola si chinava per raccogliere un gettone, veniva accidentalmente in contatto con la carcassa del gioco e, urtando un cavo elettrico scoperto, rimaneva folgorata. Il padre, nel tentativo di salvarla, rimaneva ferito e riportava parestesie da elettrocuzione a carico degli arti superiori ed inferiori.
La titolare dello stabilimento balneare e il proprietario del videogioco venivano ritenuti colpevoli di omicidio colposo aggravato (art. 589 c.p.), perché con plurime violazioni della normativa antinfortunistica provocavano la morte della bimba. La stessa, infatti, venuta in contatto con la carcassa del videogioco che era in tensione per il distacco volontario mediante recisione di un cavo interno di alimentazione dovuto a precedenti interventi di manutenzione, veniva percorsa da una elevata corrente di guasto e rimaneva folgorata.
La morte della piccola avveniva, sia per il mancato funzionamento dell’impianto di messa a terra (che non poteva operare in quanto il relativo cavo di collegamento all’interno del videogioco era stato in precedenza reciso), sia per la mancanza di un adeguato interruttore differenziale capace di rilevare l’anomalia ed interrompere il circuito elettrico, mettendolo in sicurezza.
I due imputati inoltre venivano chiamati a rispondere del reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) in danno del padre della bambina che, nel tentativo di soccorrerla, veniva attraversato da una forte scarica elettrica e riportava parestesie da elettrocuzione a carico degli arti superiori ed inferiore.
In primo grado i due imputati venivano condannati alla pena di anni due e mesi tre di reclusione e al risarcimento del danno subito dai congiunti della bimba deceduta; tale condanna veniva confermata in appello. I due proponevano dunque ricorso per Cassazione, la quale rigettava la domanda e li condannava al pagamento delle spese.
Bimba folgorata da giocattolo, in fatto
La Corte sottolinea come il giudice di merito abbia dedicato ampio spazio all’esame tecnico delle cause della folgorazione, soffermandosi in particolare sulla circostanza che nella macchina mancava un cavo di messa a terra e vi era un interruttore differenziale tarato a 300 milliampere. Si tratta di cause colpose indipendenti tra loro, per cui l’una non esclude l’altra.
In secondo luogo, il cavo di terra risultava essere stato reciso in sede di manutenzione per superare un difetto di funzionamento del videogioco. Tale intervento, dunque, appariva inadeguato, poichè svolto in maniera difforme dalle corrette procedure.
Bimba folgorata da giocattolo, in diritto
La Suprema Corte, confermando la pronuncia del giudice di secondo grado, spiega nel dettaglio quali principi dell’ordinamento giuridico vengono in rilievo nel caso di specie.
Si segnala, in primis, la negligenza e l’imprudenza degli imputati, i quali con i loro comportamenti contribuivano in pari misura al verificarsi dell’evento mortale, non avendo entrambi ottemperato all’obbligo di impedire che le macchine e i loro impianti elettrici costituissero una fonte di pericolo per gli utenti, dando vita così a cause indipendenti il cui concorso ha provocato la morte. Da ciò deriva la decisione di riservare ai due imputati il medesimo trattamento sanzionatorio.
La titolare dello stabilimento aveva dichiarato di non avere effettuato le opportune verifiche sul videogioco e, solo in seguito all’incidente, si era adoperata per regolarizzare la conformità dell’impianto elettrico.
La tesi avanzata dal proprietario del gioco che sosteneva di essere un mero manutentore cozzava con le dichiarazioni rese dallo stesso nel corso dell’interrogatorio, in cui palesava di essere il proprietario e il manutentore del gioco. Egli non solo avrebbe dovuto consegnare le macchine funzionanti e sicure, ma anche garantire che le stesse si conservassero in tale stato.
Per ciò che attiene alla conformità a legge dell’interruttore differenziale e della sussistenza dell’aggravante della violazione della normativa antinfortunistica afferente ai soli ambienti di lavoro ed ai lavoratori, occorre soffermarsi su alcuni principi consolidati in giurisprudenza.
- L’imprenditore assume una posizione di garanzia in ordine alla sicurezza degli impianti non solo nei confronti del lavoratore subordinato e dei soggetti a questi equiparati, ma altresì nei riguardi di tutti coloro che possono comunque venire a contatto o trovarsi ad operare nell’area della loro operatività.
- Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro e dunque deve accertare che i macchinari messi a disposizione dei lavoratori siano sicuri ed idonei all’uso. Lo stesso risponde, in caso di omessa verifica, dei danni causati dal loro cattivo funzionamento, e ciò a prescindere dall’eventuale configurabilità di responsabilità indipendenti e concorrenti nei confronti del produttore o del fornitore dei macchinari stessi.
- La normativa antinfortunistica violata da entrambi gli imputati, proprio per la peculiarità dell’attività da loro prestata, deve intendersi diretta alla tutela sia dei lavoratori sia delle persone che, a qualsiasi titolo, per il tipo di attività destinata a vari tipi di utenti, vengano a contatto con le macchine elettriche e con gli impianti elettrici. Ciò vale sia per l’attività del proprietario del videogioco, posto che la messa a terra tutela non solo il lavoratore, ma anche l’utente che si trova a giocare con il videogioco; ma anche per l’attività della titolare dello stabilimento, i cui impianti elettrici devono essere conformi a norma di legge per tutelare sia i lavoratori impiegati nel lido, sia i clienti dello stesso.
Teresa Cosentino