Dopo mesi spesi a traccheggiare, Theresa May rompe gli indugi e dichiara che l’European Communities Act del 1972 verrà abrogato. Ieri, nella giornata di apertura della Conferenza annuale del Partito Conservatore a Birmingam, la premier britannica si è impegnata ad attivare, all’inizio del 2017, «al massimo entro marzo», la procedura di cui all’articolo 50 del trattato di Lisbona per avviare formalmente l’iter che dovrà condurre al divorzio dall’Ue. Un nuovo provvedimento verrà presentato in Parlamento per ristabilire la supremazia della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord rispetto alla Ue e riappropriarsi della quota di sovranità ceduta negli anni ‘70. Mai fino ad ora la May era stata così esplicita. In precedenza, in un articolo sul Sunday Times, si era prudentemente limitata a dire che l’avvio della procedura non sarebbe stato rinviato fino alle elezioni tedesche di settembre. Peraltro, superata la fase dello smarrimento, la Premier ha ricominciare sul fuoco della Berxit per motivare i suoi. Il referendum – ha rivendicato – non solo «è stato legittimo», ma è stato «il più grande voto per il cambiamento che questo Paese abbia mai avuto». Insomma, «Brexit significa Brexit» e sarà un successo, assicura. Quanto poi ai diritti dei lavoratori europei residenti nel Regno Unito, nessun dubbio: «saranno garantiti in pieno» anche dopo la Brexit, «almeno finché sarò io primo ministro».
(Amer)