Brexit: verdetto della High Court contro il governo May
La High Court di Londra ha dato torto al governo di Theresa May disponendo, in via definitiva, che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona del 2009 per l’avvio dei negoziati con l’Ue per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico.
Il principio di sovranità del Parlamento britannico prevede che siano i deputati di Westminster ad avere l’ultima parola sulla Brexit. Un verdetto che conferma il primo grado dell’Alta Corte contro cui Theresa May aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l’articolo 50 d’autorità, nel rispetto della volontà popolare espressa con il referendum del 23 giugno.
Con il referendum di giugno, il 52% di cittadini britannici si è espresso a favore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Una scelta che non viene messa in discussione, anche se il procedimento di uscita si fa più lungo.
Lo Scottish National Party, con 54 deputati a Westminster, ha preannunciato la presentazione di 50 emendamenti, che allungheranno e complicheranno il processo. Intanto, la leader del partito, Nicola Sturgeon, è tornata a parlare di un secondo referendum sull’indipendenza in quanto, a giugno, la maggioranza degli scozzesi ha votato il remain.
La Corte Suprema ha stabilito, inoltre, che il governo May non ha bisogno dell’approvazione delle assemblee della devolution per invocare l’articolo 50. Il presidente della Corte ha annunciato che resta escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord.
Brexit, il verdetto della High Court: cosa succederà?
La sentenza della High Court passa la palla all’esame dei deputati parlamentari che, prima del referendum, si erano detti contrari all’uscita dall’Ue. Adesso sarebbe tutt’altro che facile ignorare il parere di quel 52% di cittadini britannici che hanno votato la Brexit.
Jeremy Corbyn dichiara che il partito laburista all’opposizione non bloccherà la Brexit ma si batterà per tentare di modificarne i termini che il governo May vorrebbe imporre, negoziando per avere accesso al Mercato Unico e garantire i diritti dei lavoratori.
Anche il partito liberal-democratico vuole opporsi con determinazione al governo May e non accetterà un altro referendum sull’accordo finale.
Brexit sì dunque. Resta da chiedersi se sarà quella hard, voluta da Theresa May, che include la rinuncia al Mercato Unico e si basa su una serie di accodi commerciali globali. Potrebbe infatti esserci la possibilità che il Parlamento costringa la premier a riprendere in considerazione la partecipazione al mercato unico europeo attuando la cosiddetta soft Brexit.
Eloisa Zerilli