Che i concetti di bene e male, in passato, non coincidevano con buono e cattivo, è la parte più datata di Nietzsche.
Concetto che può fare da perfetta cornice a ” Carne Mia”, dove ciò che risulta “male” talvolta non coincide con “cattivo”, dove le condizioni psicologiche dei protagonisti si muovono in un instabile equilibrio tra flussi opposti che casualmente si bilanciano solo temporaneamente.
Un racconto che parte da Borgo Vecchio di Palermo e termina in una strada assolata della Murcia.
La storia inizia con la scomparsa di Calogero Montana, pater familias, che improvvisamente sparisce misteriosamente da Borgo Vecchio dove, come di consueto aveva terminato la sua giornata lavorativa nella sua bancarella abusiva di frutta. A questo punto, senza indugio la moglie Mela e i suoi due figli dovranno reinventarsi e predisporsi ad uno scambio repentino di ruoli. Ruoli che non tutti i componenti della famiglia riusciranno a ricoprire egregiamente.
Sarà il caso di Enzo che seppur anagraficamente più grande di Franco, secondo genito, spezzerà ulteriormente gli equilibri già precari della famiglia Montana dapprima con la sua inerzia, che è ben poca cosa se paragonata alla sua letale unione con Ivana, ragazza disgregata e sui generis che regalerà alla signora Mela il suo primo nipote.
Qui le vicissitudini saranno molteplici e tormentate, imprevedibili ed assolutamente fuori dal controllo.
Misteriosamente la scena si sposta in Spagna, ma in questo scenario non si collocheranno più Enzo ed Ivana.
In questo nuovo contesto si respira a tratti una tanto agognata serenità che Alajmo riesce a trasmettere anche a noi
tramite descrizione attenta di pezzi di vita quotidiana. Franco, uomo da sempre impacciato e “ritirato” si affaccia all’universo dell’amore condividendo l’insostenibile fardello della sua anima contaminata con Helena, donna
ungherese conosciuta casualmente, che si rivela una figura rocciosa per la famiglia Montana.
Curiose e simpatiche scene di vita quotidiana ci conquistano e ci strappano un sorriso, come i tentativi (andati a buon fine) di Mela nel tramandare le ricette tipiche palermitane, i ” mancia si fattu siccu” della classica nonna siciliana.
Respiriamo tanta genuinità che l’autore pare voler mantenere e quel bellissimo e confortante senso di dialogo che ne ricaviamo.
Un flusso torrenziale di riflessioni, domande, risposte, intuizioni e deduzioni… alcune scomode, indesiderate che ostacoleranno quella beatitudine che sta pian piano insediandosi fino al momento in cui il piombare di una nuova notizia andrà a spostare, ancora una volta, tutto ciò che si era era messo a posto!
Roberto Alajmo si rivela una scarica elettromagnetica condensata attorno a un pugno di frementi molecole, di atomi in vibrazione.
Travolgente, appassionante, è cinési, è tensione.
Uno scrittore che se immaginiamo la redazione del suo romanzo non ci fa pensare all’arroccamento in una torre d’avorio!
Riesce ad avere un’energia eccezionale e grande abilità nel condividerla.
Raffaella Lauricella