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Cartella esattoriale: nessuna nullità per l’erronea indicazione del titolo oggetto della pretesa tributaria

Non è nulla la cartella esattoriale che indichi erroneamente il titolo oggetto della pretesa tributaria; in questi termini si è espressa con una recente pronuncia la Corte di Cassazione. Vediamo nel dettaglio i motivi della sua decisione

Negli ultimi tempi, restano accesi i riflettori sulle tanto odiate e temute cartelle esattoriali, strumento attraverso il quale la pubblica amministrazione, attiva un procedimento di riscossione coatta del credito vantato nei confronti del contribuente.

Alla ribalta, la questione della “rottamazione” e della possibilità, per i contribuenti, di evitare almeno il pagamento degli interessi di mora.

Pertanto, per aggirare il pagamento di una cartella il contribuente, farebbe qualunque cosa; ogni pretesto è buono per risparmiare qualche soldino. E se riesce a dimostrare che è l’ente ad aver sbagliato, tutto risulta più semplice. Già; cosa accade se l’indicazione del titolo afferente alla pretesa tributaria, è errato? Sul punto è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte di Cassazione. Vediamo nel dettaglio.

Cartella esattoriale ed erronea indicazione del titolo: il caso

La Commissione Tributaria Regionale di Napoli, riformando la sentenza emessa in primo grado, annullava la cartella di pagamento emessa, nei confronti di una contribuente, sulla base di un precedente avviso di accertamento (non impugnato), riferito all’imposta di registro e relativo all’accertamento del maggior valore del bene oggetto di un contratto di compravendita stipulato con atto del 10 giugno 1987.

La Commissione fondava la propria decisione sul fatto che la cartella di pagamento, nel descrivere il tributo richiesto, aveva fatto riferimento all’imposta di registro per locazione di fabbricati, anziché alla verifica di maggior valore oggetto dell’avviso di accertamento precedentemente notificato alla contribuente, sicché l’atto doveva ritenersi insufficientemente motivato, impedendo alla contribuente di avere l’esatta conoscenza della pretesa tributaria azionata.cartella esattoriale

L’ente erogatore della sanzione, ricorreva dinnanzi alla Corte di Cassazione ritenendo che, la decisione del giudice di secondo grado, fosse da riformare per diversi motivi.

Fra tutti, parte ricorrente lamentava l’insufficiente e contraddittoria motivazione con la quale la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello, con specifico riferimento alla mancanza di motivazione della cartella di pagamento, in violazione dell’art. 36, D.Lgs. n. 546/1992 e degli artt. 112 e 132 c.p.c. .

Cosa avrà deciso la Cassazione?

Cartella esattoriale ed erronea indicazione del titolo: la decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con la sentenza pubblicata il 15 marzo 2017, n. 6679, accoglieva il ricorso dell’ente sulla base del motivo sopra citato, rigettando gli altri.

In particolare, i giudici di Piazza Cavour, hanno ritenuto che non può operare la nullità della cartella esattoriale nel momento in cui, nonostante l’erronea indicazione del titolo oggetto della pretesa tributaria, il contribuente abbia ugualmente esatta contezza delle ragioni creditorie poste a fondamento della cartella (peraltro avente ad oggetto un avviso di accertamento ritualmente notificato, a mani della contribuente, in data 10 maggio 1999), senza necessità di ulteriori specificazioni non derivandone, da tale mancanza, un pregiudizio.

cassazioneIn merito, la Suprema Corte, ha preso a fondamento delle proprie ragioni, un consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale «per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass. 11466/2011)».

Per i giudici della Cassazione, pertanto, al fine di valutare correttamente l’incidenza dell’errore commesso dall’ente emittente la cartella, la Commissione Tributaria Regionale «avrebbe dovuto compiere una esaustiva valutazione volta a stabilire se il contribuente aveva o meno subito un effettivo pregiudizio per effetto dell’indicazione errata relativa all’imposta dovuta con riferimento ad un contratto di locazione, pur se inserita in un contesto nel quale veniva correttamente richiamata la compravendita in relazione alla quale il contribuente aveva già ricevuto un avviso di accertamento».

Cari lettori, fate bene a temere le cartelle esattoriali, perché come l’erba cattiva non muoiono mai.

Maria Teresa La Sala

 

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