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Caso Breivik: la Norvegia non ha violato i diritti umani

In data 1 marzo 2017 è stata pronunciata la sentenza della Corte d’Appello di Oslo che, annullando la sentenza di primo grado impugnata, ha dato torto a Breivik, autore delle stragi di Oslo, rigettando la sua richiesta risarcitoria con l’affermazione: “La Norvegia non ha violato i diritti umani in carcere”.

Breivik e le stragi di Oslo

Gli attentati norvegesi per cui Breivik è stato imputato ed incarcerato sono stati due attacchi terroristici ai danni del governo della Norvegia e della popolazione civile avvenuti nella città di Oslo e sull’isola di Utoya il 22 luglio 2011, che causarono in totale 77 vittime, con un primo attacco consistente nell’esplosione di una autobomba nel centro di Oslo, nel quartiere dei palazzi del governo norvegese, e con un secondo attacco avvenuto meno di due ore dopo sull’isola di Utoya con una sparatoria ad un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista norvegese.

Unico responsabile dei due tragici eventi fu Anders Behring Breivik, giovane cittadino norvegese simpatizzante dell’estrema destra con ideologia pseudo-naziste, che fu arrestato in flagrante e condannato nel giugno 2012 dal Tribunale di Oslo alla massima pena prevista dal sistema penale norvegese di 21 anni di carcere prorogabili. Fino al 2033 quindi Breivik, in quanto confessato attentatore e stragista, rimarrà nel carcere di massima sicurezza di Skien.

Breivik e trattamento carcerario: nessuna violazione dei diritti umani

Nel carcere di Skien, il killer Breivik è stato sin da subito tenuto in regime di massimo isolamento in quanto viene considerato da polizia e assistenti sociali come un criminale estremamente pericoloso. In carcere, pur disponendo di un alloggio ampio con tre stanze e di un trattamento “da detenuto Vip”, non ha accesso a internet né può avere contatti con persone in libertà, per il rischio di tentativi di evasione e di diffusione di messaggi violenti, né con gli atri detenuti per il rischio di episodi di violenza.

“Le condizioni di detenzione distruggono la mia psiche”, si era lamentato Breivik appellandosi all’articolo 8 della Convenzione che garantisce il diritto alla vita privata al fine di ottenere il risarcimento dei danni dallo stato norvegese per la lesione dei diritti umani in costanza di detenzione. Il Tribunale di Oslo, nel processo conclusosi nell’aprile del 2016, dette ragione all’attentatore Breivik riconoscendo l’esistenza di condizioni di detenzione disumane.

Contro la sentenza di primo grado, lo stato norvegese ha proposto appello e la Corte d’Appello di Oslo, questa volta, ha dato ragione alle autorità, negando l’esistenza di condizioni disumane e di violazione dei diritti umani. Nella sentenza si legge che l’isolamento prolungato per 5 anni non è stato accompagnato da episodi di violenza, tortura o da alcun trattamento inumano o degradante contro cui la CEDU tutela tutti i detenuti ma è stato semplicemente giustificato dall’estrema pericolosità accertata del detenuto.

Il legale di Breivik ha già annunciato che proporrà ulteriore appello, impugnando questa sentenza innanzi alla Corte suprema norvegese per vedere riconosciuto il diritto del suo assistito a migliori condizioni di detenzione e al risarcimento dei danni subiti fino ad oggi.

Martina Scarabotta

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