Il concorso in magistratura subito dopo la laurea. Nella mozione finale approvata durante l’ultimo congresso di Bologna, Area – il raggruppamento di sinistra della magistratura associata che dovrebbe superare MD – ha scelto come linea «di orientamento politico e programmatico» di impegnarsi «in ogni sede perché sia ripristinato l’accesso diretto al concorso in magistratura» già dopo la laurea. Oltre che un modo per affrontare l’annoso problema del reclutamento di nuove leve, i magistrati di Area ne fanno una questione di uguaglianza, poiché – si legge nella mozione – i filtri attualmente previsti finiscono per determinare «un’ingiusta discriminazione fondata sul censo», escludendo di fatto coloro che non possono permettersi di dedicare anni al perfezionamento post-universitario senza percepire nessun reddito. Al di là delle motivazioni ideologiche, una soluzione analoga è contenuta in una proposta di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario frutto dei lavori della commissione di studio guidata dall’ex vicepresidente del Csm Michele Vietti e che deve ancora essere esaminato dal Parlamento. Il nuovo testo dovrebbe consentire l’accesso alla prova scritta del concorso in magistratura anche ai laureati con un voto di laurea pari o superiore a 108/110 e una media di almeno 28/30 negli esami più importanti. Inoltre la proposta di delega prevede anche la modifica delle prove scritte, introducendo al posto di una delle prove di diritto civile, penale o amministrativo la «redazione di una sentenza, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale».
La forte instabilità politica di questi giorni, tuttavia, non lascia ben sperare rispetto alla possibilità che la proposta venga discussa dalle camere. Per il momento gli aspiranti magistrati che intendono partecipare al concorso, oltre alla laurea in giurisprudenza, devono essere aver conseguito un dottorato di ricerca in materie giuridiche o un di un diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, oppure devono aver concluso positivamente uno stage presso gli uffici giudiziari, o essere abilitati all’esercizio della professione forense, ovvero ancora aver svolto per almeno cinque anni un incarico dirigenziale nella pubblica amministrazione.