Il sindaco che costringe un assessore a esprimere un voto favorevole minacciandolo di revocargli l’incarico, commette il reato di concussione. Il pubblico ufficiale, infatti, esercita una pressione psicologica sulla vittima, in forza della quale quest’ultima si convinca della necessità di dare o promettere denaro od altra utilità per evitare conseguenze dannose.
Sindaco condannato per concussione: il caso
Un ex sindaco di Santa Flavia, in provincia di Palermo, è stato condannato per concussione per aver costretto un assessore a esprimere un voto favorevole per l’inserimento in giunta di un tecnico a lui fedele. Nel novembre 2007, ai tempi in cui era in carica, il sindaco, abusando dei propri poteri, aveva costretto un assessore ad esprimere un voto favorevole all’assunzione di una persona a lui fedele come dirigente dello stesso Comune al di fuori della dotazione organica, minacciando reiteratamente il medesimo assessore che, se non avesse espresso detto voto favorevole, gli avrebbe revocato la delega assessoriale e lo avrebbe estromesso dalla giunta comunale. L’assunzione era finalizzata al conferimento dell’incarico in forma diretta a un terzo soggetto della progettazione esecutiva, direzione dei lavori, misura e contabilità ed assistenza al collaudo per i lavori di completamento di un impianto polisportivo e campo di calcio comunale. L’ex sindaco è stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato di concussione alla pena di tre anni di reclusione.
Sindaco condannato per concussione: la decisione della Cassazione
L’ex sindaco ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo. Ma la Corte di Cassazione, con sentenza della sesta sezione penale n. 35901/2017, depositata lo scorso 20 luglio, ha confermato la condanna per il sindaco. La Cassazione ribadisce che la procedura di conferimento in forma diretta dei lavori di completamento del campo di gioco debba ritenersi illegittima. In primo luogo, perché per il completamento dell’opera sarebbe stato necessario avviare una procedura di evidenza pubblica. In secondo luogo, perché anche la scelta del professionista, con previsione di un compenso forfettario, non era stata preceduta dal doveroso vaglio dei curricula degli aspiranti, là dove il soggetto designato era comunque privo di qualunque esperienza specifica in tema di appalti pubblici ed era stato scelto in violazione dei criteri di imparzialità e buona amministrazione. I giudici della Cassazione hanno ritenuto convincenti le prove valutate dalla Corte d’appello, quali le intercettazioni ambientali e le testimonianze dell’assessore coinvolto e di alcuni consiglieri comunali, secondo cui l’ex sindaco aveva posto la giunta davanti all’aut aut di votare nel senso da lui indicato o di lasciare la maggioranza.
Sindaco condannato per concussione: il potere di revoca degli assessori
I giudici della Cassazione precisano che il Sindaco sia legittimato alla revoca della delega al singolo assessore componente la Giunta dal medesimo presieduta, da disporre con comunicazione motivata al Consiglio comunale. La revoca di un singolo assessore da parte del Sindaco può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva a quest’ultimo, ma non può trasmodare in una sorta di prerogativa arbitraria, da utilizzare all’occorrenza per “regolare i conti” con esponenti politici sgraditi, a tutto detrimento dei requisiti minimi di stabilità della giunta comunale e delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo nei confronti dell’amministrazione locale attribuite a questo organo dall’ordinamento degli enti locali. Il provvedimento di revoca dell’incarico ad un assessore può basarsi su ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare e sulle eventuali ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il primo cittadino e la Giunta comunale (come definito dall’art. 48, comma 1, T.U.E.L., secondo cui il primo è organo rappresentativo dell’ente locale a diretta investitura popolare e la seconda è chiamata a “collaborare” con esso). Tuttavia, siffatto potere di revoca, sia pure discrezionale e collegato al permanere del rapporto fiduciario fra il Sindaco ed i propri assessori in seno all’ente territoriale, non può non connettersi alla realizzazione dell’interesse – di carattere generale – della comunità locale, e di certo non può essere asservito al perseguimento di uno scopo diverso da quello pubblicistico, segnatamente, per piegare la volontà degli assessori ai fini dell’adozione di una delibera rispondente agli interessi personali e particolari del primo cittadino. In tale caso, l’esercizio del potere discrezionale di revoca della delega all’assessore, ovvero la minaccia di avvalersi di tale facoltà prescinde da ragioni di natura politico-amministrativa e costituisce strumento di pressione al fine di indurre il soggetto passivo all’indebita promessa o dazione.
Sindaco condannato per concussione: il vantaggio di natura politica
La Cassazione, dunque, ha ritenuto che il comportamento del sindaco configuri il reato di concussione. Infatti l’avere il Sindaco, abusando dei propri poteri, costretto l’assessore ad esprimere il proprio voto favorevole alla nomina della persona dal medesimo indicata, per realizzare l’interesse personale ad inserire in Giunta, a capo dell’Ufficio Tecnico Comunale, una persona a lui fedele (in un momento delicato nel quale si doveva approvare il nuovo P.R.G. del comune), integri certamente una costrizione volta ad un'”utilità” rilevante ai sensi dell’art. 317 codice penale. I giudici della Suprema Corte precisano che a tale categoria possa ricondursi un qualunque vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale oggettivamente apprezzabile, consistente sia in un dare sia in un facere e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune, conseguentemente rientrandovi anche il vantaggio di natura politica.
Livia Carnevale