In materia di condominio si pongono spesso complesse diatribe tra i condomini ed una delle questioni più dibattute e spinose nei rapporti condominiali è quella concernente il rimborso delle spese necessarie ed urgenti sostenute da un condomino nell’interesse collettivo.
La norma cardine in materia è quella di cui all’art. 1134 del codice civile, per cui “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”.
Tale norma è dettata specificamente in materia di condominio prevedendo una disciplina diversa da quella dettata in materia di comunione, circa le spese sostenute dal singolo condomino per la cura delle parti comuni dell’immobile in caso di trascuratezza da parte degli altri condomini. Perciò, è previsto che, in assenza di specifica autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, l’onere economico resta in capo al condominio che ha assunto l’iniziativa e sostenuto la spesa per il compimento dei lavori non autorizzati, senza che questi abbia diritto al rimborso. Al contrario, tali spese vengono rimborsate esclusivamente qualora, oltre che necessarie, esse siano altresì urgenti. Accertata la non urgenza dei lavori, ne consegue inevitabilmente che, in base all’art. 1134 c.c., il condomino che ha sostenuto le spese non potrà pretendere il rimborso dagli altri condomini.
L’ordinanza della Corte di Cassazione civile n. 17027 del 28.06.2018 prende le mosse da una situazione di accertata non urgenza dei lavori compiuti, senza autorizzazione dell’assemblea, da parte di un condomino che, abitando all’ultimo piano del palazzo, aveva necessità di compiere lavori di manutenzione della copertura del fabbricato per prevenire ed evitare danni da infiltrazioni. Il condomino interessato decise di dare esecuzione ai necessari interventi manutentivi, anticipando i costi relativi con riserva di ripetizione ma sia il Tribunale di Bergamo sia la Corte d’Appello di Brescia rigettarono la sua pretesa di ripetizione delle spese anticipate.
Infatti, nel giudizio di merito, il CTU incaricato non aveva riconosciuto l’urgenza degli eseguiti lavori per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio, ritenendo che tali lavori manutentivi, per quanto necessari, non erano urgenti ed avrebbero pertanto potuto e dovuto essere autorizzati dall’amministratore e dall’assemblea condominiale.
Non essendo risultato il carattere dell’urgenza dei lavori effettuati, il condomino non poteva dunque procedere ai sensi dell’art. 1341 c.c. ma, con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha enunciato un ulteriore principio, affermando che “al condomino – al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza (richiesto dall’art. 1134 c.c.) – non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.“.
Ciò per due motivi. In primis, perché detta azione non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti, altrimenti finendo per configurarsi come strumento per aggirare divieti di rimborsi o di indennizzi posti dalla legge.
In secondo luogo perché l’azione di arricchimento senza causa è un rimedio a carattere sussidiario e residuale mentre, in materia di spese condominiali condominiali, devono ritenersi sussistenti altri strumenti tipici a tutela del condomino per cui, nel caso in cui la spesa, per quanto non urgente, sia necessaria, il condomino interessato ha facoltà di agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1133cc (con ricorso all’assemblea) e 1137 e 1105 (con ricorso all’autorità giudiziaria), con conseguente inesperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. per difetto del carattere della sussidiarietà”.
Avv. Scarabotta Martina