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Consiglio Costituzionale francese: aiutare gli stranieri irregolari non è reato. L’opinione dell’Unione Camere Penali Italiane

Negli ultimi giorni è al centro del dibattito pubblico la recente sentenza del Consiglio Costituzionale francese che in una pronuncia ha stabilito che aiutare gli stranieri irregolari non è reato. L’istituzione francese che corrisponde alla nostra Corte Costituzionale si è soffermata sul principio di fratellanza previsto dalla Costituzione del Paese d’Oltralpe. Infatti, secondo l’art. 2 «il motto della Repubblica è Libertà, Eguaglianza, Fraternità.» Questo principio è stato riconosciuto dalla Corte come significativo e conferisce la libertà di aiutare gli stranieri per scopi umanitari indipendentemente dal fatto che siano regolari o meno.

Cedric Herrou, l’agricoltore che aiuta i migranti

Cedric Herrou è un’attivista che nel corso degli ultimi anni ha aiutato gli stranieri irregolari ad accedere in Francia dalla frontiera italiana. Il tutto senza fini illeciti ma spinto dalla voglia di assistere queste persone. Più volte per questa sua azione umanitaria e disinteressata dal punto di vista economico è stato arrestato. Le accuse sono cadute perché non è stato possibile dimostrare che l’agricoltore abbia ottenuto dei guadagni.

Secondo la pronuncia del Consiglio Costituzionale il reato di solidarietà non esiste. Essa sottolinea il principio di fratellanza della Costituzione francese e stabilisce il divieto di reprimere le azioni di sostegno ai migranti anche se irregolari a meno che questo non rientri nel reato di favoreggiamento.

Riflessioni dell’Unione delle Camere Penali italiane

Alla luce di questa pronuncia, l’Unione delle Camere Penali italiane ha voluto fare delle riflessioni.

In primo luogo vuole ricordare il ruolo delle Corti Costituzionali di assicurare l’equilibrio dei poteri e il bilanciamento tra i principi essenziali delle Costituzioni nazionali.

Inoltre, secondo l’associazione, l’Unione Europea con la direttiva 2002/90/CE del Consiglio del 28 novembre 2002 ha previsto “la possibilità per gli Stati membri di non adottare sanzioni, applicando la legislazione e le prassi nazionali, con riferimento alle condotte di chi, intenzionalmente e con lo scopo di prestare assistenza umanitaria, aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di pertinenza in violazione della normativa interna relativa all’ingresso o al transito degli stranieri; mentre, è, in ogni caso, soggetto ad obbligo di repressione penale il comportamento di chi aiuti a scopo di lucro lo straniero irregolare a soggiornare nel territorio di uno Stato membro.”

L’Unione delle Camere penali italiane vuole porre l’attenzione su un punto specifico dell’attuale dibattito relativo alle attività delle ONG che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. Essa ritiene che “la solidarietà per fini umanitari è scriminata non solo laddove si esplichi in presenza di un pericolo attuale e non altrimenti evitabile di naufragio, ma anche quando il Governo responsabile per la zona marittima di pertinenza per ricerca e salvataggio non sia in grado di offrire un luogo sicuro dove ospitare le persone soccorse, per tale dovendosi intendere quello in cui non possano essere soggette a pena di morte, tortura, trattamenti inumani e degradanti, o dove la loro vita o la loro libertà siano minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, orientamento sessuale, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per l’orientamento politico. La Libia non è in grado di offrire ai migranti soccorsi un POS (place of safety) tale da assicurare il rispetto dei loro diritti fondamentali.”

Maria Rita Corda

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