Shopping Cart

Consulenza Tecnica d’uffico: il giudice può discostarsi ma con effettiva motivazione

Consulenza tecnica d’ufficio: il giudice può discostarsene ma con effettiva motivazione.

Consulenza tecnica d’ufficio: definizione

Le Consulenze Tecniche (CTU o perizie) vengono disposte dal giudice all’interno di un procedimento giuridico (civile o penale) al fine di permettere l’acquisizione di importanti informazioni che guidino il giudice stesso nel prendere le migliori decisioni nel processo.

Le CTU sono molto utili al giudice in quanto spesso i temi sui quali egli è chiamato a decidere sono complessi ma soprattutto attinenti ad aree specifiche, e senza il parere di un esperto del settore la decisione del Giudice non sarebbe sufficientemente equa e precisa.

Il consulente tecnico d’ufficio sulla base di un rapporto fiduciario, ha il compito di supporto tecnico al giudice a cui necessitano chiarimenti tecnici rispetto ad una determinata materia al fine di poter meglio addivenire ad un giudizio.

Consulenza tecnica d’ufficio deducente e percipiente

Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente).

Nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti.

Nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova. Questo non significa che le parti possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all’accertamento.

La consulenza tecnica deducente, o l’indicazione delle regole tecniche costituiscono un semplice mezzo istruttorio di ausilio al giudice al fine di valutare le prove già acquisite.

La consulenza tecnica percipiente può costituire – al pari di un’ispezione – una vera e propria fonte oggettiva di prova.

Consulenza tecnica d’ufficio: iudex peritus peritorum

Viene qualificato iudex peritus peritorum  “perito dei periti” il giudice, il quale si avvale normalmente di consulenti tecnici, ma non per questo si deve ritenere vincolato alle loro conclusioni: egli può discostarsene, naturalmente dandone adeguata motivazione.

È consentito al Giudice di merito valutare la complessiva attendibilità delle conclusioni peritali e, se del caso, disattenderne le sottese argomentazioni tecniche laddove queste risultino intimamente contraddittorie.

Il giudice, infatti, non è vincolato al risultato della perizia potendo discostarsi o disattendere del tutto le conclusioni cui è giunto il perito. In questo caso deve dare una motivazione adeguata della sua scelta .Il giudice, inoltre, può aderire alle conclusioni cui è giunto un consulente di parte oppure può nominare un nuovo perito.

Consulenza tecnica d’ufficio: può il giudice discostarsene?

CTUIl rapporto tra il peritus peritorum e consulenza tecnica d’ufficio si fonda su un  onere motivazionale del giudice per discostarsi dagli esiti dell’ausilio tecnico da stesso disposto .

Le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice. Egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u..

Il giudice di merito è tenuto a motivare adeguatamente in base ai idonei elementi istruttori eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza “le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del c.t.u.”.

E non vi è ragione, per sostenere che, anche dopo la novella del 2012, non è venuto meno tale specifico obbligo motivazionale, pur potendo essere sindacato dal giudice di legittimità, ora, esclusivamente secondo il canone del “minimo costituzionale” della motivazione.

E nel caso in esame – rileva la Corte di Cassazione con sentenza n. 1294 del 2017- questo minimo è stato chiaramente violato. Il giudice non ha in alcun modo spiegato perché abbia assunto una posizione nettamente divergente (il quantum del danno è stato ridotto a un sesto di quello identificato dal c.t.u.) rispetto a quella del suo ausiliario tecnico, integrando così inizio dell’omesso esame motivazionale previsto dal vigente articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.

Sabrina Nista

Ultimi articoli

I LICENZIAMENTI COLLETTIVI NEL DIALOGO DELLE ALTE CORTI
I LICENZIAMENTI COLLETTIVI NEL DIALOGO DELLE ALTE CORTI
IL SALARIO MINIMO GARANTITO: TRA SPERANZE, UTOPIE E REALTÀ
AI Act. Rischi e prospettive sui diritti fondamentali.

Formazione Professionale per Avvocati
P.Iva: 07003550824

Privacy Policy | Cookie Policy

Partner