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Contrasto alla povertà: arriva il Reddito di inclusione sociale

In una congiuntura in cui, stando ai dati ISTAT, sono oltre tre milioni le famiglie che vivono in uno stato di “deprivazione materiale”, il governo Gentiloni punta sul il Reddito di inclusione sociale, destinato a sostituire il vecchio SIA (sostegno per l’inclusione attiva). L’esecutivo ha infatti firmato un’intesa con l’Alleanza contro la povertà, promettendo sostegno alle famiglie in difficoltà economica.

Proprio in questi giorni il Forum delle associazioni familiari ha richiamato l’attenzione sulle condizioni di difficoltà che deve fronteggiare il “Paese reale”.  “Riceviamo ogni giorno mail di persone che non riescono a riscaldare la propria casa, che vanno in crisi per una spesa imprevista o che sono in arretrato nel pagamento delle bollette o delle rate del mutuo”, denuncia il presidente del Forum Gigi De Palo. “Siamo stanchi – aggiunge -, la famiglia deve diventare la priorità di tutte le forze politiche”.

Cosa è il REIS
Si tratta di una misura nazionale rivolta alle famiglie che versano in povertà assoluta.
Con il ddl povertà 2017 il Governo ha manifestato l’intenzione di intervenire con una misura strutturale. Le famiglie la cui condizione economica è al di sotto della soglia di povertà potranno beneficiare di un assegno mensile commisurato al numero dei membri del nucleo familiare.
“Stiamo cercando di rendere le persone protagoniste di un sistema di inclusione e di renderle indipendenti dal bisogno dell’assistenza”, ha dichiarato Giuliani Poletti.

REIS, i requisiti per ottenerlo
Per avere accesso al reddito di inclusione sociale sarà necessario avere un ISEE non superiore a 6.000 euro; la misura terrà conto anche del reddito disponibile: il possesso di un’abitazione, si sa, non è certo indice di benessere.
L’importo non potrà essere inferiore all’assegno sociale, che per il 2017 è pari a 448,07 euro.
Ulteriori requisiti devono ancora essere fissati, ma non è da escludere che evochino i già previsti per l’uscente SIA. Assumeranno probabile rilevanza, dunque, i seguenti fattori:

-presenza di figli minori all’interno del nucleo di riferimento;

-carattere monogenitoriale del nucleo familiare;

-presenza di disoccupati o di disabili in famiglia.

Da ultimo, ma non per ultimo, un requisito imprescindibile per il godimento del beneficio: la collaborazione attiva dei destinatari della misura.
I componenti della famiglia, infatti, dovranno partecipare a un programma di formazione, riqualificazione e ricerca attiva di un impiego.
Chi riceverà il reddito di inclusione sociale sarà tenuto a mandare i figli a scuola, a tutelare la salute dei bambini, ad impegnarsi nella ricerca di un’occupazione e a non rifiutare offerte di lavoro congrue.
Lo Stato, insomma, intende premiare cittadini sfortunati, ma di buona volontà. Al fine di evitare che il REI si trasformi in un disincentivo alla ricerca di una stabile occupazione, è previsto che in caso di condotte inconciliabili con gli obiettivi del progetto il Comune sia legittimato a revocare il beneficio. Le famiglie che, grazie a un nuovo impiego, dovessero risalire sopra la soglia di reddito prevista, potranno inoltre continuare a ricevere l’importo, seppur ridotto e per un tempo limitato. Queste, insomma, le misure volte a evitare la cosiddetta trappola della povertà. Non può permettersi che gli italiani rinuncino a cercare lavoro facendo affidamento sui sussidi statali; il REI, in fondo, non è altro che una misura mirata al reinserimento sociale e lavorativo.

Entro la fine dell’anno il Ministero del Lavoro presenterà un piano di monitoraggio per verificare l’applicazione del REIS sul territorio nazionale. Intanto, in un’Italia in cui ci si è abituati a “tamponare”, non resta che sperare che gli impegni presi vengano rispettati e che non si traducano in slogan illusori e privi di consistenza.

Claudia Chiapparrone

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