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Corruzione per il medico ospedaliero che dirotta i pazienti verso la clinica privata

Di cosa risponde il medico che, approfittando del rapporto diretto instaurato con i pazienti sottoposti a dialisi presso un ente ospedaliero pubblico, li spinge a recarsi in clinica privata per ottenere le stesse prestazioni? (Cass. 42736/2017)

Corruzione per il medico ospedaliero che dirotta i pazienti, il caso

Il dirigente del Reparto di nefrologia di un ospedale pubblico veniva indagato in relazione ai reati di cui agli artt. 416 e 319 c.p., per avere illecitamente indirizzato dei pazienti, sottoposti a dialisi presso il presidio ospedaliero, verso una struttura privata ottenendo, come contropartita, una quota della stessa società.

Il medico veniva inoltre accusato di abuso d’ufficio per avere orientato alcuni degenti verso un’altra clinica privata, le cui quote societarie erano intestate alla moglie.

La Corte, convalidando i presupposti in base ai quali era stata disposta nei confronti dello specialista la misura cautelare degli arresti domiciliari, in primo luogo chiarisce che il delitto associativo ex art. 416 c.p. rimanda ad un sistema operativo stabile, all’interno del quale i pazienti venivano sistematicamente spinti a recarsi presso i centri privati, in accordo con i titolari e i referenti delle strutture, nella comune prospettiva di incrementare l’attività delle stesse.

Il delitto di associazione per delinquere, ai sensi del su citato articolo, sussiste poichè ogni partecipante forniva un contributo effettivo al “sodalizio”, ponendo in essere un’attività strumentale allo scopo comune, consistente nella ricerca dei pazienti da avviare presso le strutture private per il trattamento dialitico, al fine di trarne benefici esclusivamente personali.

Appare fondamentale soffermarsi sul rapporto di fiducia, e dunque sull’affidamento che ogni degente ripone nei confronti dei sanitari, affidamento che risulta violato per il perseguimento di vantaggi di carattere strettamente personale.

Ciò che rileva, inoltre, è la stabilità delle relazioni intrattenute dai medici con le cliniche private, funzionali al costante asservimento delle proprie esigenze, le quali si ponevano in antitesi con i preminenti interessi di natura pubblicistica, quali ordine, salute, incolumità.

I sanitari, grazie al rapporto diretto instaurato con i soggetti che si sottoponevano a dialisi, avevano promosso, organizzato e gestito una vera e propria associazione finalizzata al continuo sviamento degli stessi dagli ospedali pubblici alle cliniche private.

L’organizzazione operava un trattamento meramente “commerciale” dei degenti, determinando conseguentemente il progressivo e sensibile aumento dei flussi di spesa pubblica erogati per il rimborso delle prestazioni eseguite dagli enti privati, a cui i medici facevano capo.

 

Teresa Cosentino

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