Lo scorso 25 gennaio, così come preannunciato nelle scorse settimane, la Corte Costituzionale si è finalmente espressa sulla legittimità della legge n. 52/2015, meglio conosciuta come “Italicum”. L’argomento è stato oggetto della puntata di ieri di “un caffè con l’avvocato Leone” ed è ricco di riflessioni e colpi di scena. Il verdetto infatti è stato apparentemente più clemente del previsto.
Ed infatti, tutti coloro che speravano in una bocciatura netta della legge varata dal governo Renzi, si sono ritrovati tra le mani una pronuncia parziale, che non ha cassato interamente la norma e che ne ha fatto salve le parti più contestate.
Tanto rumore quindi per nulla? No, almeno se si tiene conto dell’attuale sistema politico e degli effetti diretti che una elezione, senza una nuova legge elettorale, avrebbe oggi su parlamento e governo.
Sistema elettorale in vigore prima della pronuncia della Consulta
Innanzitutto è necessario ricordare quale fosse il sistema elettorale in vigore prima della pronuncia della Consulta. Se si fosse votato il 24 gennaio infatti, l’elezione dei deputati della Camera sarebbe avvenuta attraverso l’Italicum mentre, per il Senato della Repubblica, sarebbe stato utilizzato (ed è in vigore tutt’ora) il c.d. “Consultellum”, ossia ciò che è rimasto del vecchio “Porcellum” dopo la sentenza 1/2014 della Consulta.
Confusi? Certo, come non esserlo. Cercando di semplificare si può dire che, indipendentemente dall’ultimo intervento della Corte Costituzionale, le due leggi elettorali che disciplinavano le elezioni di Camera e Senato erano profondamente diverse e avrebbero portato a dei risultati di certo non auspicabili.
Ed invero, da un lato c’era l’Italicum, che prevedeva un sistema proporzionale a doppio turno a correzione maggioritaria, con premio di maggioranza, eventuale ballottaggio in caso di mancato superamento della soglia del 40%, cento collegi plurinominali con capilista “bloccati” e la possibilità di indicare due preferenze di “genere”. Dall’altro il Consultellum che, per eleggere i senatori, prevedeva un sistema proporzionale senza premio di maggioranza, con soglia di sbarramento e liste non bloccate. Due sistemi diversi che, con ogni probabilità avrebbero consegnato la Camera ad una chiara maggioranza politica (grazie al premio di 340 seggi al primo turno o al ballottaggio) e il Senato a maggioranze variabili proprie dei sistemi proporzionali “puri”.
In altre parole, anche senza riscontrare la parziale illegittimità dell’Italicum, le norme elettorali delle due camere erano già di loro inidonee a garantire la formazione di una stessa maggioranza a Montecitorio e a Palazzo Madama. Corollario di una tale situazione sarebbe stata l’impossibilità di formare un nuovo governo (se non di “grande coalizione”) e portare a compimento il programma elettorale.
La Legge elettorale al vaglio della Corte Costituzionale
Ad un quadro già di per sé traballante si è aggiunta, come anticipato, la recente pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittime due previsioni dell’Italicum.
- La prima è il ballottaggio. Il premio di maggioranza di 340 seggi verrà concesso – dopo l’intervento della Consulta – esclusivamente al partito che abbia raggiunto almeno il 40% dei voti, in caso contrario i seggi verranno distribuiti proporzionalmente tra tutti i partiti che supereranno la soglia di sbarramento del 3%.
- La seconda riguarda la possibilità per un capolista eletto in più collegi di optare volontariamente per uno di essi. La Consulta ha infatti stabilito che il collegio d’elezione sarà scelto a sorte e non dal diretto interessato.
Al di là di questi due “appunti” l’Italicum (seppur privo di un certo premio di maggioranza) resta in piedi e sarebbe, in combinato disposto con il “Consultellum”, pronto sin da subito ad essere utilizzato per nuove elezioni. Almeno così la pensano una buona parte dei partiti politici italiani.
Ma a che scopo votare con due leggi stravolte da un giudizio di legittimità e che già in partenza non garantiranno alcuna maggioranza? Questo non è dato sapersi, le alchimie di palazzo e le opportunità elettorali portano sovente le forze politiche a compiere un passo nel buio. Ad avere invece chiara la strada da intraprendere c’è il nostro Presidente della Repubblica (autore anch’esso di una legge elettorale, il “Mattarellum”) che ha già avvisato tutti: prima di sciogliere le camere è necessaria una nuova legge elettorale che garantisca in Parlamento una chiara maggioranza e governabilità.
Una nuova legge elettorale “a prova di Consulta”, o almeno così si spera.
Guarda la versione integrale del caffè con l’avvocato Leone dal titolo “Dopo la sentenza della Corte Costituzionale come cambia la legge elettorale?“
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