Il danneggiato contribuisce al nocumento? La riduzione del risarcimento si applica d’ufficio
La Corte ha precisato che, nel caso in cui l’eventuale fatto colposo del creditore contribuisca al verificarsi dell’evento dannoso, non sia necessaria alcuna eccezione per rilevarlo. Il giudice conserva sempre il potere di valutare tale circostanza ai fini della decisione rilevandola d’ufficio. Non sarebbe infatti richiesta una eccezione in senso proprio avente natura di mera difesa. In realtà, non si tratta del primo precedente il tal senso: la rilevabilità d’ufficio è stata affermata da un filone giurisprudenziale assai nutrito (ad es. Cass., SS. UU. 13902/2013, Cass. 23372/2013 e meno di recente Cass. 23734/3009).
La posizione della Cassazione ed il concetto di “fatto colposo”
L’art. 1127, comma primo, del codice civile prevede che se la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, a produrre o incrementare il nocumento, il suo diritto al risarcimento sia ridotto in misura proporzionale. Siffatta riduzione opera anche nel caso in cui la vittima sia priva incapace di intendere e di volere. La condotta del danneggiato influisce infatti sul nesso causale tra condotta e nocumento, alterandolo. Si deve peraltro rilevare che, nella lettura dell’art. 1127, bisogna rivolgere particolare attenzione esegetica alla nozione di “fatto colposo”: in questo caso la “colpa” si configura laddove vi sia stata la violazione (o comunque la volontaria inosservanza) di una regola di condotta.
Si deve conclusivamente precisare che, dopo aver rilevato la violazione di una regola di condotta ed aver conseguentemente accertato il “fatto colposo” del danneggiato occorre quantificare il suo contributo al nocumento. Dato che il nesso causale è limitato, escluso o comunque attenuato dal contributo di chi riceve il danno, la misura del risarcimento sarà ridotta in percentuale.
Davide Gambetta