Diffamazione ai tempi dei social network, attenzione a ciò che si scrive!
Corte di Cassazione, Sezione quinta penale, sentenza n. 8482/2017.
Possono considerarsi una o più frasi offensive, inserite su un sito di annunci, diffamazione aggravata a mezzo stampa?La Corte non ha dubbi: la risposta è affermativa. L’uso dei social network e la diffusione di messaggi veicolati a mezzo internet integra certamente un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma 3, c.p.. Si tratta, infatti, di una condotta potenzialmente idonea a raggiungere un numero indeterminato o, comunque, non quantitativamente apprezzabile di persone.
Seppure quello dell’utilizzo dei social network, come rammentato dai giudici, nasce come esperimento, quale base di studi sociologici, oggi la situazione è decisamente cambiata. La partecipazione a tali “ambienti sociali” è consentita ad un numero sempre più crescente di persone, e, pertanto, inserire frasi più o meno offensive, sebbene su siti di settore (nel caso di specie si trattava di siti di studenti o, comunque, legati al mondo dell’università per un presunto plagio di una tesi di una studentessa da parte di una ricercatrice) destinati a specifici operatori e/o, comunque, utilizzatori del settore delle scienze umanistiche “nulla toglie alla diffusività delle notizie in un ambito estremamente ampio”.
Peraltro, la fattispecie incriminatrice di diffamazione aggravata a mezzo stampa è stata correttamente individuata dai giudici di merito. E ciò, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, secondo la quale alla rete internet non si applicano le disposizioni di cui all’art. 595 c.p.p., posto che il social network non può essere equiparato ad un prodotto tipografico né ad un luogo pubblico.
Diffamazione a mezzo stampa: equiparazione della carta stampata ed i siti internet
La giurisprudenza prevalente oramai è concorde nel ritenere che tali condotte rientrino certamente nel delitto di cui all’art. 595 c.p.p.. Infatti, tale norma punisce chiunque offenda la reputazione altrui col mezzo della stampa o “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. Tale ultima categoria, legata alla prima proprio dalla congiunzione “o”, evidenzia come la condotta possa estrinsecarsi in modi diversi, essendo prevista la possibilità che la stessa rientri in un concetto più ampio di stampa. Rientrano in tale categoria, secondo la Corte, certamente, “tutti quei sistemi di comunicazione e, quindi, di diffusione – dal fax ai social media – che, grazie all’evoluzione tecnologica, rendono possibile la trasmissione di dati e notizie ad un numero ampio o addirittura indeterminato di soggetti”.
Per quanto concerne, infine, la competenza del giudice, viene precisato che, per il reato di diffamazione aggravata, la competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica. Ove sia, peraltro, difficile individuare il luogo di consumazione del reato, ai fini della competenza territoriale, nel caso di diffamazione a mezzo internet, se è noto quello in cui il contenuto diffamatorio è stato caricato sulla rete, la competenza è determinata in relazione a detto luogo, ai sensi dell’art. 9, comma 1, c.p.p., trattandosi “dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione”.
Laura Piras