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Diffusione di materiale pedopornografico, non basta scaricare i file da internet

“Perché si configuri il reato di diffusione di materiale pedopornografico, occorre accertare in concreto la volontà del soggetto attivo del reato di divulgare i file video scaricati da internet”. (Cass. 42433/2016).

Diffusione di materiale pedopornografico, il caso

La vicenda sottoposta al vaglio della Suprema Corte concerneva la condanna in primo grado di un soggetto, confermata poi in appello, alla pena di 9 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre che 2.000 euro di multa per i reati di cui all’art. 600 ter c.p. (per avere diffuso per via telematica materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18) e art.600 quater c.p. (per essersi consapevolmente procurato ed avere detenuto materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18, in particolare due filmati ritraenti bambine intente a compiere atti sessuali con adulti).

Cosa si intende per Pornografia minorile?

E’ pornografia minorile «ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, ovvero qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali».

Qual è il bene oggetto di tutela?

L’interesse giuridico protetto dagli art. 600-ter c.p.600 quater c.p. è il sano sviluppo e la crescita corretta del minore, in tutti i suoi aspetti fisici, psichici, spirituali, morali e sociali, ossia la salvaguardia della formazione della sua intera personalità. L’ordinamento offre dunque una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti che possono mettere a repentaglio il suo equilibrio psicofisico e immetterlo nel circuito perverso della pedo-pornografia.

L’accertamento della coscienza e volontà di divulgazione

La Corte di Appello riteneva sussistente nell’imputato la volontà di detenere i video pedopornografici, alla luce della circostanza per cui lo stesso aveva provveduto a trasferirli dal disco rigido del suo pc su un supporto mobile esterno di più sicura e lunga durata, e cioè su un dvd, che aveva poi sottoscritto apponendovi sopra una firma.

Inoltre si rinveniva nel ricorrente la volontà di diffondere tali video che lo stesso aveva acquisito dal web, avvalendosi di un noto software che si usa per scaricare e condividere file di ogni genere mediante il sistema peer to peer, per la sola circostanza di aver utilizzato tale programma.

Il giudice di secondo grado però – osserva la Corte – non ha tenuto in debito conto le affermazioni dell’imputato, in merito al fatto di aver prima scaricato una serie di file di suo interesse, selezionando e scartando quanto non fosse di suo gradimento, e non ha considerato che il file in questione era stato trovato nella cartella di default del programma, cioè la cartella creata dal software stesso all’atto della sua installazione sul pc.

La Cassazione ribadisce che si rivela assolutamente necessario in materia di pornografia minorile accertare in concreto che vi sia nel soggetto attivo la volontà e coscienza di divulgazione di tale materiale.

La sussistenza del reato di cui all‘art. 600 ter c.p., comma terzo, va esclusa nel caso di semplice utilizzo di programmi di file sharing che comportino l’acquisizione e la condivisione con altri utenti nella rete internet di file contenenti materiale pedopornografico, quando difettino ulteriori elementi indicativi della volontà dell’agente di divulgare tale materiale.

In tale vicenda, la motivazione risulta insufficiente, sia per quanto riguarda la volontà dell’imputato di diffondere il suddetto file video, non essendo stati evidenziati elementi significativi ulteriori rispetto alla mera acquisizione del file, dai quali possa ricavarsi con certezza la volontà dell’imputato di acquisire e detenere il file video allo scopo di diffonderlo a terzi; sia per ciò che attiene alla certa ed effettiva diffusione o divulgazione del file, che costituisce la condotta incriminata, che va accertata incontrovertibilmente.

La sentenza viene dunque annullata in relazione al reato di cui all’art.600 ter c.p., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello, affinchè si proceda ad un nuovo esame in ordine alla sussistenza dello stesso.

Teresa Cosentino

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