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Diritto d’autore, Roberto Pecchinino vince una lunga battaglia legale contro la Rai

       Quando parliamo di paternità e di riconoscimento della paternità non ci riferiamo soltanto a quella naturale o biologica, ma parliamo anche di paternità morale.

Il diritto d’autore, in continua e rapida evoluzione, prevede la sua tutela agli artt. da 20 a 24 l.d.a. Sappiamo che tale diritto si acquista nel momento in cui l’opera prende forma, che è illimitato e che ad esso conseguono il diritto di rivendicazione della paternità ed il diritto di rivelarsi.

Di quest’ultimo aspetto si occupa una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (cass. Civ. 7183/2017).

La causa civile che la precede, iniziata nel 2001, è la battaglia legale protratta da Roberto Pecchinino, regista e collaboratore della Rai dal 1986.

Nel 1999, come richiesto dall’amministrazione della Città e successivamente agli accordi presia a luglio in viale Mazzini con i dirigenti della struttura di Rai Uno, Pecchinino realizza una redazione ufficiale Rai a Sanremo, per il rinnovo della convenzione del Festival. Sanremo è stata, infatti,  la prima città italiana non capoluogo di Provincia ad avere una sua sede esterna gestita da privati.

Gli ingenti investimenti sostenuti dall’autore non sono mai stati rimborsati e, nonostante le prove prodotte durante la causa civile, sia la sententa di 1° grado che quella di 2° grado lo hanno visto soccombere, con la condanna a rifondere alla Rai Radiotelevisione Italiana la somma di € 10.000,00 per le spese legali.

Ciò che Pecchinino non ha mai smesso di rivendicare è la tutela del diritto d’autore per aver realizzato circa 8.500 servizi giornalistici come autore delle riprese e del montaggio, senza vedersi riconosciuta la firma sugli stessi che, semplicemente, sono stati trasmessi in modo “anonimo”.

Se si pensa all’importanza del contesto in cui questo è avvenuto e il fatto che tali servizi venissero visti da milioni di persone, si capisce come ciò abbia arreccato nel corso degli anni a Pecchinino un grave pregiudizio economico, configurabile nella perdita di chance e mancato incremento del giro d’affari. Oltre questo, la trasmissione dei servizi televisivi senza che venisse fatta menzione dell’autore, ha oscurato la visibilità dello stesso violando l’inalienabilità del diritto d’autore, riconosciuta a chi realizza un’opera d’arte.

Per questo motivo è stato presentato, agli inizi del 2015, un ricorso in Cassazione, la quale si è pronunciata favorevolmente, statuendo che: “la lesione del diritto d’autore, pur nella componente di diritto della personalità riferito alla paternità ed integrità dell’opera e non all’utilizzazione della stessa, può dar luogo al risarcimento del danno patrimoniale, qualora dalla sua lesione sia derivato un pregiudizio economico al soggetto che ne è titolare, ed in tal caso la risarcibilità del danno è illimitata” (cass. Civ. 7183/2017).

Se è pur vero che il diritto morale d’autore è rinunciabile e, quindi, cedibile, è anche vero che nel contratto sottoscritto tra la Rai e Pecchinino non fu espressa nessuna rinuncia al riguardo.  

Un traguardo importante, non solo per Roberto Pecchinino, ma per migliaia di cineoperatori e montatori, che raramente vedono riconosciuta la loro realizzazione con la firma sui servizi effettuati.

Maria C. Cucuzza

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