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Disabile scorretta sul lavoro, sì al licenziamento

La dipendente disabile che viola gli obblighi di obbedienza, correttezza, conformità della condotta lavorativa alle regole di professionalità e decoro imposte dal servizio svolto, può essere licenziata.

Disabile licenziata: il caso

Una cameriera d’albergo ha presentato ricorso al Tribunale di Roma contro il provvedimento di licenziamento disciplinare nei suoi confronti.  Alla cameriera venivano contestati quattro episodi. Prima si era rifiutata di rassettare alcune camere dell’albergo, già prenotate dai clienti. Successivamente, oltre a rifiutarsi di rassettare due camere, aveva impedito ad altre colleghe di passare l’aspirapolvere per non disturbare una sua conversazione telefonica. In seguito si era mostrata alterata in presenza dei clienti ed aveva aperto varie camere e sintonizzato le tv su canali radio ad alto volume. Infine, aveva affisso più volte nella bacheca aziendale una comunicazione con toni altamente polemici nei confronti di un superiore, in violazione di espressa disposizione aziendale. Comunicato che, dopo essere stato rimosso, la cameriera aveva affisso nuovamente sul muro e negli spogliatoi del personale.

Disabile licenziata: condotta scorretta giustifica il licenziamento

Già nel 2005 tra la cameriera e la società alberghiera per cui lavorava, era sorto un contenzioso perché la stessa era stata assegnata in via esclusiva al turno serale. I due procedimenti sono stati riuniti. Il giudice del lavoro ha accolto le domande della cameriera. La società alberghiera ha proposto appello dinanzi la Corte d’appello di Roma che ha riformato la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo il licenziamento. Il giudice d’appello, valutata la gravità delle condotte, le considerava idonee a legittimare il licenziamento. Inoltre la cameriera era stata oggetto di doglianze scritte dei colleghi, con i quali litigava spesso. La dipendente sosteneva che il licenziamento fosse scaturito da ritorsioni per ragioni sindacali. Il giudice d’appello ha ritenuto che risultava il quadro di una persona che cercava di farsi forte del suo stato di invalidità parziale e della appartenenza ad una associazione sindacale per imporre ai colleghi ed all’impresa le sue personali regole di convivenza e di lavoro. La cameriera ha proposto ricorso per cassazione.

Disabile licenziata: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4315/2017 sezione lavoro, ha respinto il ricorso della lavoratrice. La donna ha dedotto come motivo la sua condizione di invalidità psico-fisica, riconosciuta al 55%, costituente causa della propria condotta. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per la novità del motivo presentato in sede di legittimità e non di merito. In ogni caso, precisa la Corte, il motivo non sarebbe stato decisivo. Infatti, stabiliscono i giudici, lo stato di invalidità della ricorrente non poteva incidere sulla valutazione compiuta dal giudice del merito circa la gravità nella fattispecie di causa della violazione degli obblighi di obbedienza, correttezza, conformità della condotta lavorativa alle regole di professionalità e decoro imposte dal servizio svolto.

Livia Carnevale

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