Il divieto di produrre la corrispondenza riservata tra colleghi, compresa quella relativa a proposte transattive, è uno dei principi cardine del Codice Deontologico Forense e sul punto, a confermare l’assoluta inderogabilità di tale divieto, si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 21109/2017 del 12 settembre 2017.
Il Consiglio Nazionale Forense ha respinto il ricorso proposto da un avvocato contro la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano che applicava nei suoi confronti la sanzione disciplinare della censura per aver prodotto in un giudizio civile, in sede di memorie 183, la corrispondenza intercorsa con l’avvocato di controparte, inclusa quella contenente proposte transattive.
Tale condotta è stata ritenuta, sia dal CNF, sia dalla Suprema Corte, illecita sotto il profilo deontologico, in quanto integrante una diretta violazione dell’art. 28 del previgente Codice Deontologico Forense (attuale art. 48 ncdf) che vieta di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata quale che ne sia il contenuto, nonché quella contenente proposte transattive scambiate con i colleghi, anche a prescindere dalla suddetta clausola di riservatezza.
In relazione a tale divieto, giurisprudenza e CNF ritengono che tale divieto abbia carattere assoluto, non potendo neppure essere scriminato dall’asserita buona fede dell’avvocato responsabile del comportamento illecito.
Con questa sentenza, le Sezioni Unite fanno un ulteriore passo avanti, affermando il principio per cui il divieto assoluto di esibizione in giudizio di corrispondenza con colleghi contenente proposte transattive o comunque riservata non è escluso dall’invito del giudice a transigere, in quanto l’eventuale rifiuto della controparte alla proposta conciliativa formulata in giudizio, rilevante per la condanna alle spese ex art. 91 cpc, si considera insito nella mancanza di accettazione, quindi senza alcun bisogno di divulgare la corrispondenza riservata tra i difensori.
In definitiva, dunque, il divieto di produrre la corrispondenza riservata tra colleghi è un divieto assoluto, pur quando tale produzione sia funzionale a provare la scambio di proposte i fini della conciliazione della lite, senza possibilità di utilizzare in giudizio tale documentazione ai fini di una condanna alle spese.
Martina Scarabotta