Il docente che rifiuta di sottoporsi a visita medica di idoneità, legittima il licenziamento; è quanto deciso dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 22550/2016. Ecco i dettagli
Nuovamente sotto i riflettori il mondo degli insegnanti: il 7 novembre 2016, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza n. 22550/2016 si è espressa in materia di legittimità del licenziamento dei pubblici dipendenti (un insegnante, nel caso di specie) nel caso di rifiuto, reiterato per due volte, di sottoporsi alla visita medica di idoneità.
Rifiuto del docente di sottoposi a visita medica: il caso
Il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 1374/2013, decideva per la legittimità del licenziamento di una insegnante che si era rifiutata di sottoporsi alla visita di idoneità per due volte e senza un giustificato motivo.
La docente, convinta delle proprie ragioni, proponeva ricorso dinnanzi alla Corte d’Appello de L’Aquila, per il fatto che alla stessa non era stata comunicata la trasmissione degli atti all’USR (Ufficio Scolastico Regionale) di competenza per il procedimento disciplinare, in violazione degli artt. 55 e 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, dell´art. 1418 codice civile e, infine, dell´art. 91 del CCNL Comparto Scuola, sulla base dei quali il licenziamento (proprio per la citata mancata comunicazione) avrebbe dovuto essere annullato.
A tale motivazione, la dipendente aggiungeva il fatto che la Circolare del Miur n. 88 dell’8 novembre 2011, non prevede il licenziamento per assenza ingiustificata alla visita presso la Commissione Medica di Verifica.
La Corte, però, rigettava il ricorso della dipendente che, non perdendosi d’animo, ricorreva in Cassazione senza, però, ottenere il risultato sperato.
Rifiuto del docente di sottoposi a visita medica: la decisione della Corte di Cassazione
La Cassazione, con la sentenza n. 22550/2016, ha confermato la legittimità del licenziamento: dalla decisione della Suprema Corte, si evince che, il rifiuto reiterato del dipendente pubblico di sottoporsi alla visita medica di idoneità comporta il licenziamento disciplinare e, ancora, che la mancata comunicazione al dipendente della trasmissione degli atti all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, non inficia la legittimità del procedimento medesimo.
In primo luogo, la Suprema Corte, afferma che nel pubblico impiego, la risoluzione del rapporto di lavoro, nel caso di ingiustificato rifiuto da parte del dipendente pubblico, di sottoporsi alla visita medica di idoneità, reiterato per almeno due volte, costituisce un’autonoma ipotesi di licenziamento disciplinare.
La spiegazione della decisione, viene indicata dalla Suprema Corte, nell’art. 384 c.p.c., al primo comma, secondo cui: «nel pubblico impiego contrattualizzato la risoluzione del rapporto di lavoro — a seguito del procedimento di cui all’articolo 55-bis del d.lgs. n. 165 del 2001— nel caso di ingiustificato rifiuto, da parte del dipendente pubblico, di sottoporsi alla visita medica di idoneità, reiterato per almeno due volte, di cui al combinato disposto dell’art. 55-octies, lettera d), del d.lgs. n. 165 del 2001 con l’art. 6 del d.P.R. n. 171 del 2011, costituisce un’autonoma ipotesi di licenziamento disciplinare, finalizzata ad assicurare il rispetto delle altre norme dettate dall’art. 55-octies cit., sempre tutelando il diritto di difesa del dipendente».
La Cassazione, prosegue, poi, in secondo luogo, che l’eventuale omissione della “contestuale comunicazione all’interessato” della trasmissione all’U.P.D. (Ufficio Procedimenti Disciplinari) degli atti, prevista dall’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001, non ha conseguenze sul procedimento disciplinare e sul suo svolgimento, considerato che la comunicazione all’interessata ha una funzione esclusivamente informativa, senza per questo pregiudicare le garanzie difensive, assicurate solo nel momento in cui viene avviato il vero e proprio procedimento disciplinare.
Si legge, infatti, nella pronuncia della Corte di Cassazione che «in tema di illeciti disciplinari di maggiore gravità imputabili al pubblico dipendente, la comunicazione all´interessato della trasmissione degli atti da parte del responsabile della struttura all´UPD, prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 3, ha una funzione meramente informativa, sicchè gli effetti dell´eventuale omissione di tale adempimento non si riverberano sul procedimento disciplinare e sul suo svolgimento, che prosegue regolarmente».
Peraltro, a maggior sostegno della sua tesi, la Corte precisa che «la suddetta norma non contiene alcuna previsione sanzionatoria in relazione ai casi in cui la comunicazione al lavoratore sia stata omessa e neppure contiene una qualche espressione letterale dalla quale possa desumersi la cogenza dell’adempimento, non essendo esso costruito in termini di “obbligo”, obbligo che peraltro non sarebbe nemmeno configurabile, atteso che tutto il materiale relativo alla “notizia” del fatto disciplinarmente refluisce nella contestazione».
La dipendente, infine, aveva invocato a sua difesa la Circolare del Miur n. 88 dell’8 novembre 2011, che non prevede il licenziamento per assenza ingiustificata alla visita presso la Commissione Medica di Verifica.
Anche in questo caso, la ricorrente non ha ottenuto ragione poiché, la Suprema Corte ha ritenuto che: «le circolari ministeriali, ha affermato la Cassazione, non sono fonti di diritto, ma servono a chiarire quanto dettato dall’Amministrazione su un dato oggetto. L’inosservanza delle circolari, ha concluso la Corte, si può configurare come vizio di eccesso di potere dell´atto amministrativo quando ciò avviene senza adeguata motivazione».
Cari insegnanti, siete stati avvisati: purtroppo “il medico di torno” ve lo togliete solo con la visita.
Maria Teresa La Sala