La donazione fatta ad un legittimario dal defunto a valere in conto legittima e per l’eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione, è soggetta a riduzione. Questo il principio di diritto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 13660 del 30 maggio 2017.
“Non puoi dire di conoscere un uomo finché non hai diviso un’eredità con lui”, sosteneva lo scrittore e filosofo svizzero Johann Kaspar Lavater, nella seconda metà del 1700. Da questa affermazione sono passati più di due secoli, ma è ancora estremamente attuale. La divisione dell’eredità è un momento molto critico, che può esacerbare rapporti familiari già logori. Spesso, come nel caso in questione, le liti finiscono in tribunale.
La vicenda
Tutto ha inizio con la morte di un anziano signore bergamasco. Apertasi la successione, viene data lettura del testamento. Due dei tre figli del de cuius avevano ricevuto, quando ancora il padre era vivo, alcuni beni. Nel testamento viene menzionata la figlia che nulla aveva ricevuto in vita dal padre: quest’ultimo le lascia a titolo di legittima la somma di 15.000 euro.
La figlia accetta con il beneficio di inventario e, avendo verificato che nel patrimonio del padre alla sua morte non vi era più nulla, agisce in giudizio per fare accertare la simulazione degli atti di compravendita, stipulati con gli altri due figli, dissimulanti donazioni. La stessa figlia richiede quindi, di riunire questi beni, nel ricostruire l’asse paterno, e di ridurre così le donazioni per reintegrarle nella sua quota di legittima.
Il Tribunale accoglie le richieste della figlia. I giudici dichiarano simulate le compravendite, determinano correttamente la quota di legittima spettante alla figlia e condannano gli altri fratelli ai conseguenti pagamenti.
L’applicabilità dell’art. 558 comma 2 c.c.
La decisione viene appellata. La Corte d’Appello, confermata la ricostruzione dell’asse paterno fatta dai giudici di primo grado, accoglie le ragioni dell’appellante per quanto attiene alle modalità della riduzione.
Poichè il de cuius, nella donazione più recente fatta al figlio appellante aveva espressamente disposto che «la presente donazione segue in conto legittima e per l’eventuale esubero sulla disponibile con dispensa da collazione», i giudici di secondo grado ritengono che, non essendo possibile la collazione avendo il defunto donato tutti i beni in vita, quindi difettando completamente il relictum, vada applicato l’art. 558 comma 2 c.c.
La decisione si fonda sulla considerazione che il de cuius, in sede di donazione al figlio appellante, aveva voluto, con quella previsione espressa, inequivocamente beneficiarlo con la quota disponibile eccedente la quota di legittima, e poiché il valore della stessa donazione non superava quello della legittima maggiorata della disponibile, non era necessario ridurre tale donazione.
Viene dunque presentato ricorso per Cassazione avverso tale pronuncia.
Sì alla riduzione della donazione
«E’ soggetta a riduzione, secondo i criteri indicati negli artt. 555 e 559 c.c., la donazione fatta ad un legittimario dal
defunto a valere in conto legittima e per l’eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione, non implicando tale clausola una volontà del de cuius diretta ad attribuire alla stessa liberalità un effetto preminente rispetto alle altre in caso di esercizio dell’azione di reintegrazione da parte degli altri legittimari lesi, secondo quanto invece stabilito per le disposizioni testamentarie dall’art. 558, comma 2, c.c., e rimanendo, pertanto, il medesimo donatario esposto alla riduzione per l’eccedenza rispetto alla sua porzione legittima».
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, che ritiene fondati i motivi di ricorso.
Per il giudice di legittimità, la Corte d’Appello ha operato una scorretta applicazione degli artt. 558 e 559 c.c.
L’art. 558, comma 2, c.c., fa riferimento ad una volontà del testatore di deroga alla regola generale della proporzionale riduzione fra tutti gli eredi e tutti i legatari. Tale volontà, seppur non necessariamente risultante da formule solenni, va comunque desunta dal complesso delle espressioni usate nel testamento. Appare quindi evidente, secondo i giudici, l’inapplicabilità al caso concreto, ove si discute della riduzione di una donazione in conto di legittima, con dispensa da collazione.
La riduzione quindi va operata secondo quanto disposto dagli artt. 554, 555 e 559 c.c., per i quali, «basandosi sull’ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, l’azione non può essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui sia stato disposto per testamento, cominciando, comunque, sempre dall’ultima donazione (sotto il profilo temporale), per l’intero suo valore, e risalendo eventualmente via via alle anteriori».
Dispensa da collazione e da imputazione: un chiarimento
La dispensa dalla collazione non può valere ad esonerare il legittimario dall’imputazione della liberalità alla sua porzione legittima, essa si concilia comunque perfettamente con la volontà del donante di attribuire il donatum in conto di legittima.
Per capire meglio tale assunto, è necessario operare una necessaria differenziazione tra dispensa da collazione e dispensa da imputazione.
La dispensa dalla collazione agisce nei rapporti tra coeredi, non ha lo scopo di attribuire la liberalità alla disponibile, ma è volta a esonerare il donatario dal conferimento del donatum, con l’effetto che la successione si svolge, e la determinazione delle quote di eredità si attua come se la donazione non fosse stata fatta e il bene, che ne fu l’oggetto, non fosse uscito dal patrimonio del de cuius a titolo liberale.
Cosa del tutto differente è la dispensa dall’imputazione, la quale è destinata a operare nei confronti di altri legittimari e serve a spostare il limite che la legittima rappresenta per i poteri di disposizione del de cuius. Essa, precisa la Cassazione, esige un’apposita manifestazione di volontà, distinta dalla dispensa dalla collazione. «E’ l’imputazione della liberalità sulla disponibile che interferisce sul limite che la quota di legittima rappresenta per il potere di disposizione del de cuius potendo comportare l’assorbimento della disponibile e quindi la preclusione per il testatore di disporre liberamente causa mortis di parte dei propri beni». Nel caso in questione invece era stata accertata la espressa volontà del de cuius di imputare in conto di legittima la donazione.
Maria Rosaria Pensabene