Nella giornata di ieri vi abbiamo proposto 5 utili sentenze, in materia di diritto civile, che potrebbero tornarvi utili ai fini del ripasso pre esame. Gli scritti di abilitazione forense si svolgeranno i prossimi 13-14-15 dicembre 2016.
Non vogliamo nemmeno parlare di “tototraccia”, per carità! Vogliamo soltanto suggerirvi, a pochi giorni dall’esame, una mini rassegna di sentenze della Suprema Corte sezione Penale che potranno tornarvi utili ai fini del ripasso.
Argomenti specifici e in parte ostici, che certamente è bene conoscere per arrivare pronti alla tre giorni di scritti.
1. CRITERIO DISCRETIVO TRA OMICIDIO VOLONTARIO E OMICIDIO PRETERINTENZIONALE (CASS. PEN. SENT. N. 25175/2016)
La Suprema Corte puntualizza, nuovamente, che il criterio distintivo tra omicidio volontario e omicidio preterintenzionale risiede nell’elemento psicologico, nel senso che nell’ipotesi della preterintenzione la volontà dell’agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell’evento morte, mentre nell’omicidio volontario la volontà dell’agente è costituita dall’animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta.
2. SCAMBIO ELETTORALE POLITICO MAFIOSO (CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – SENTENZA 9 settembre 2014, n.37374)
Per la sussistenza del reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. non è necessario che, nello svolgimento della campagna elettorale, vengano posti in essere singoli ed individuabili atti di sopraffazione o di minaccia, essendo sufficiente che l’indicazione di voto sia percepita all’esterno come proveniente dal clan e come tale sorretta dalla forza intimidatrice del vincolo associativo.
3. IL DOLO D’IMPETO È COMPATIBILE CON L’AGGRAVANTE DELLA CRUDELTÀ. (Cassazione Penale – Sez. Unite – Sentenza 29 settembre 2016 , n. 40516)
Le Sezioni Unite hanno statuito che “il dolo d’impeto, designando un dato meramente cronologico, non è incompatibile con la circostanza aggravante della crudeltà di cui all’articolo 61, comma 1, n. 4, c.p.”.
La circostanza aggravante dell’avere agito con crudeltà, di cui all’articolo 61, commi da 1 a 4 c.p., è di natura soggettiva ed è caratterizzata da una condotta eccedente rispetto alla normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole, che deve essere oggetto di accertamento alla stregua delle modalità della condotta e di tutte le circostanze del caso concreto, comprese quelle afferenti alle note impulsive del dolo.
Afferma la Corte che la concitazione, la rabbia, possono in qualche caso spiegare l’incalzante agire aggressivo, escludendo l’esistenza della colpevolezza di crudeltà. Analogamente è a dirsi per ciò che riguarda l’alterata condizione mentale che può costituire la spiegazione della virulenta azione aggressiva.
4. APPROPRIAZIONE INDEBITA: CONDANNATO L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO (Cassazione Penale – Sentenza 16 settembre 2016 , n. 38660)
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’imputato che, in qualità di amministratore di un condominio, era stato condannato per il delitto di appropriazione indebita.
Più precisamente, la Suprema Corte ha ritenuto congruo e privo di vizi logici il percorso argomentativo della Corte territoriale secondo cui, risultando dimostrato che il ricorrente aveva ricevuto dai condomini, oltre alla somma per il compenso delle prestazioni di un geometra incaricato dal condominio, anche l’ulteriore somma che il ricorrente avrebbe dovuto versare all’erario, per conto del condominio quale sostituto di imposta ed a titolo di ritenuta d’acconto, e non essendo stata versata tale somma all’Agenzia delle Entrate, invano lo stesso professionista, e poi anche altro condomino, si erano rivolti all’amministratore chiedendogli la ricevuta dell’avvenuto pagamento, così come invano i condomini gli avevano spedito una raccomandata con richiesta di convocare l’assemblea per dar conto della somma che avrebbe dovuto versare come ritenuta d’acconto.
5. MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: PUNIBILITÀ PER IL CONVIVENTE MORE UXORIO (Cassazione Penale – Sentenza 2 marzo 2016 , n. 8401)
In presenza di un rapporto stabile, basato su reciproca solidarietà ed assistenza, è configurabile il delitto di cui all’art. 572 cod. pen. commesso ai danni del convivente more uxorio.
La Corte di Cassazione, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, ha statuito la punibilità del reato anche ove commesso in danno del convivente more uxorio, qualora il rapporto tra il soggetto attivo e la persona offesa, seppur di fatto, sia caratterizzato da reciproca assistenza e protezione.
La Suprema Corte ha condiviso la motivazione della Corte di Appello di Palermo che, ai fini del riconoscimento del rapporto familiare, valorizzava il progetto di vita condiviso emergente dalla gestione della casa comune.
Nel caso di specie, infatti, l’imputato e la parte offesa, successivamente alla nascita della figlia, avevano deciso di convivere, locando una casa familiare e, ancorché l’imputato si fosse reso protagonista di frequenti allontanamenti dalla casa familiare, lo stesso aveva continuato a pagare il canone di locazione, le quote condominiali e le bollette relative alle utenze dell’abitazione. Tutti questi elementi, dunque, inducevano a ritenere sussistente un comune intento della coppia di iniziare e proseguire una stabile convivenza con caratteristiche della famiglia di fatto, cioè a dire un progetto di vita.
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Redazione