Cassazione, Sez. III, sentenza n. 14815/2017 : integra l’esercizio abusivo della professione il compimento senza titolo di condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti allorché lo stesso compimento venga realizzato in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.
IL FATTO
Come emerge dal riepilogo della vicenda operata in sentenza dalla Corte di Cassazione, l’imputato vedeva attribuirsi dalla Corte Distrettuale il ruolo di “vero artefice delle frodi fiscali concepite, proposte e perseguite a favore dei suoi clienti nella veste professionale di commercialista e consulente tributarista”.
Inoltre, secondo la Corte di Appello era stata altresì provata la configurabilità del reato di cui all’art. 348 c.p. atteso che l’imputato, in assenza di una laurea in economia e commercio si occupava, in forma continuata, oneroso ed organizzata, della redazioni di bilanci e delle consulenze per le società di capitali, della predisposizione delle contrattualistica estera, della elaborazione e redazione di business plan, di analisi economiche previsionali ecc….
Ciò detto la medesima Corte, in parziale riforma della decisione di primo grado, pronunciava sentenza di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000 (rispettivamente rubricati “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” e “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”) in quanto estinti per prescrizione (limitatamente a talune ipotesi).
Riteneva il reato di cui al suddetto art. 2 realizzato in concorso ex art. 110 c.p. e in continuazione ex art. 81 cpv., e riconosciute le attenuanti previste ratione temporis al terzo comma di entrambi gli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000, rideterminava la pena finale in anni 1, mesi 6, giorni 20 di reclusione, confermando l’affermazione della sua responsabilità penale per i restanti reati addebitatigli tra cui il reato di esercizio della professione abusiva previsto a norma dell’art. 348 c.p..
Contro tale pronuncia l’imputato proponeva ricorso per cassazione per l’annullamento della sentenza sulla scorta di motivi che possono riassumersi nel modo seguente:
1) riteneva che l’addebito penale di cui all’art. 2 fosse stato fatto in piena violazione di legge atteso che i fatti accertati in sede di merito provavano esclusivamente una condotta prodromica e dunque antecedente alla realizzazione del delitto addebitatogli, per il quale precisa che non sarebbe comunque configurabile il tentativo.
2) mancata e contraddittoria motivazione nonché erronea applicazione degli artt. 81 cpv. c.p. e 604, 530 cpv., relativi ai reati addebitatigli, tra cui rilevava l’art. 348 c.p.
I REATI
Art. 348 c.p. “esercizio abusivo di una professione”
Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 euro a 516 euro.
Art. 2. D.lgs. 74/2000 “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”
1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Art. 8. D.lgs. 74/2000 “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”
1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
LE MOTIVAZIONI DELLA SUPREMA CORTE
Entrando nel merito, la Suprema Corte con sentenza n. 14815/2017 depositata il 27/03/2017 rigettava il primo motivo ritenendo che i giudici territoriali avevano ben statuito in ordine alla configurabilità del concorso ex art. 110 c.p. per il reato di cui all’art. 2 sopra riportato.
I giudici evidenziavano, infatti, come tale concorso sussiste nei confronti di “coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisca la dichiarazione fraudolenta – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fittizia”. Tale decisivo e volontario contributo – afferma la Corte – fa si che l’azione dell’autore materiale della condotta gli appartenga a pieno titolo in quanto prevedibile e voluta e riconducibile pertanto al sua sfera di dominio, anche se realizzata con condotte “atipiche”.
Tralasciando per questione di economicità gli ulteriori passi della sentenza in commento e concentrandoci sul punto più interessante della decisione, la Suprema Corte entra nel merito dell’art. 348 c.p. rilevando come con il D.lgs. 139/2005 sono state individuate le diverse attività di cui si occupano i commercialisti (sezione A) e gli esperti contabili (sezione B).
In particolare, rilevava la Corte di Cassazione, le condotte attribuite all’imputato non rientravano tra le attività che caratterizzano la professione di commercialista, “semmai in quella di esperto contabile”.
Richiamando il principio di diritto affermato dalla Corte di Appello, i giudici di legittimità ripropongono il postulato secondo cui, in riferimento alla professione di esperto contabile e nel vigore del nuovo D.lgs. n. 139/2005 integra l’esercizio abusivo della professione il compimento senza titolo di condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti allorché lo stesso compimento venga realizzato in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.
Ad ogni modo, si rilevava infine come la regolare formazione del rapporto processuale abbia comunque condotto al decorso del termine della prescrizione anche successivamente alla data della sentenza impugnata.
Accertava e dichiarava, pertanto, l’estinzione del reato con conseguente annullamento senza rinvio, per la parte interessata, della sentenza impugnata.
Antonio Colantoni