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Forniture sanitarie, occorre la forma scritta e il bando pubblico

Forniture sanitarie, occorre la forma scritta e il bando pubblico. Cass. Civ. sent. n. 24640/16

Con la recentissima pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza i fondamentali del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) nella formulazione ante riforma del 2016 (d.lgs. 50/2016) circa le modalità di scelta del contraente e la forma del contratto, nonché la tassativa applicabilità anche ai contratti di fornitura stipulati dalle Aziende Sanitarie.

Il Caso

Nella fattispecie in esame, una Azienda Sanitaria Provinciale (d’ora innanzi ASP, per brevità) opponeva il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da una ditta privata a titolo di pagamento per una fornitura di medicinali.
L’Azienda, soccombente sia in primo grado, sia in appello, proponeva ricorso per cassazione affidandosi a sei motivi, alcuni di rito e altri di merito.

In particolare, tra le altre doglianze, la ricorrente lamentava il fatto che il contratto di fornitura sarebbe stato radicalmente nullo, e quindi improduttivo di effetti, per la mancanza di procedura ad evidenza pubblica e la mancanza di forma scritta. Questa tesi, tuttavia, era stata giudicata infondata dalla Corte territoriale alla luce della natura di ente pubblico economico dell’appellante, come tale non assoggettato alle disposizioni di cui agli art. 16 e 17 del R.D. 2440/1923 (c.d. legge di contabilità dello Stato) che impongono tali requisiti per la validità dei contratti stipulati dalla P.A.
La Corte d’Appello, difatti, così qualificata la ASP, si era pronunciata nel senso che essa agirebbe sempre iure privatorum, e quindi con gli strumenti di diritto comune, i quali, come noto, permettono la libertà delle forme, eccettuati alcuni casi tassativamente indicati. In ogni caso il requisito della forma scritta ben poteva ritenersi sussistente sulla base degli ordini regolarmente compilati e sottoscritti dall’Azienda, comprensivi dell’indicazione della delibera autorizzata della spesa.

Sosteneva invece la ASP ricorrente di dover essere più correttamente qualificata come ente pubblico, e, come tale, di essere tenuta al rispetto delle predette formalità, pena la nullità del contratto stipulato, come nel caso di specie.

La decisione e le argomentazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il predetto motivo di ricorso, e ha dato ragione alla ASP, pur dichiarando gli altri motivi infondati, inammissibili o comunque assorbiti.

La giurisprudenza di legittimità, difatti, è ferma nel ritenere che le Aziende Sanitarie rientrino nella nozione di pubblica amministrazione intesa in senso lato. Esse, per effetto della riforma introdotta dal d.lgs. 229/99 (“Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale”), che ha modificato l’art. 3, co. 1 bis, del d.lgs. 502/92 (“Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’art.1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”), difatti, hanno espressamente acquisito una propria personalità giuridica e un’autonomia imprenditorialein funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali”.

Conseguentemente, afferma la Suprema Corte, come statuito dalla Corte d’Appello esse non sono di per sé soggette alla succitata disciplina del R.D. 2440/1932, la quale impone la procedura ad evidenza pubblica e la forma scritta del contratto ad substantiam.
Né devono trarre in inganno alcune recenti pronunce di legittimità, tra cui Cass. S.S.U.U. 8627/2010 e altre successive rese a Sezioni semplici, che hanno invece affermato il contrario, e questo perché in tali fattispecie si trattava di contratti riferibili alle Gestioni liquidatore delle ex U.S.L., aventi natura di ente pubblico non economico, o alle Università pubbliche.

Senonché, motiva la Corte di Cassazione, questo non implica che le ASP siano in ogni caso esentate dal rispetto di qualunque formalità in ordine sia alla scelta del contraente, sia alla forma del contratto da esse stipulato.

I richiami alla giurisprudenza amministrativa e la nozione di “organismo di diritto pubblico”.

Come già chiaramente e condivisibilmente sostenuto da Cons. St. 1638/2005, difatti, le Aziende Sanitarie sono pur sempre degli “organismi di diritto pubblico” ai sensi dell’art. 3, co. 26, d.lgs. 163/2006 (c.d. “codice dei contratti pubblici”), norma applicabile alla controversia in esame ratione temporis, la quale, a seguito della riforma dell’intera materia operata dal d.lgs. 50/2016, è oggi contenuta nell’art. 3, lett. d., di quest’ultimo.

La disposizione richiamata definisce “organismo di diritto pubblico” qualsiasi organismo, anche costituito in forma societaria:

  1. istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
  2. dotato di personalità giuridica;
  3. la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Indipendentemente dalla veste formale assunta, eventualmente anche di diritto privato, quindi, l’organismo di diritto pubblico presenta degli indici strutturali o funzionali di pubblicità che ne giustificano l’assoggettamento al regime dettato per le “amministrazioni aggiudicatrici” (art. 3, co. 25, del d.lgs. 163/2006).

Ne consegue che le Aziende Sanitarie – qualificate appunto quali organismi di diritto pubblico sia dalla giurisprudenza amministrativa, sia da quella di legittimità – sono quindi assoggettate al codice dei contratti pubblici, e, in particolare, alle regole dell’evidenza pubblica.

La corretta applicazione alla fattispecie del Codice dei contratti pubblici

Conseguentemente, atteso che l’importo della fornitura de qua era pari a oltre 390.000 Euro, e quindi collocato ben oltre la soglia di rilevanza comunitaria degli appalti allora vigente (art. 28, lett. b.1, d.lgs. 163/2006; oggi art. 35, co. 1, d.lgs. 50/2016), si sarebbe dovuto tassativamente procedere all’individuazione del contraente secondo una delle modalità previste dall’art. 54 del predetto “codice”, ossia mediante procedura di gara aperta o ristretta.

Il contratto, inoltre, avrebbe dovuto essere stipulato ai sensi dell’art. 11, co. 13, del codice dei contratti pubblici nella formulazione vigente a quel tempo (anteriormente alla novella di cui al d.l. 179/2012), ossia “mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”.

Sebbene la ASP nel proprio ricorso abbia richiamato genericamente la disciplina dei contratti pubblici e degli appalti di derivazione comunitaria, non v’è dubbio che essa abbia comunque denunciato chiaramente il malgoverno delle norme sulla stipula dei contratti di fornitura delle Aziende Sanitarie da parte della Corte d’Appello, la quale tuttavia non ha affatto considerato i predetti aspetti, pur oggetto di gravame.
La sentenza impugnata, in particolare, erroneamente non ha considerato che la fattispecie in oggetto non permetteva alcuna libertà delle forme, atteso che le norme sopra citate sono dettate nel pubblico interesse e non tollerano alcuna deroga per volontà delle parti.
La conseguenza della violazione delle disposizioni sul procedimento di selezione del contraente e sulla forma scritta ad substantiam del contratto, pertanto, non può che essere la radicale nullità dello stesso.

Il principio di diritto

La Corte di Cassazione, pertanto, in accoglimento del motivo di ricorso esaminato, ha parzialmente cassato la sentenza impugnata e ha rinviato alla Corte d’Appello in diversa composizione, enunciando il seguente principio di diritto: “La natura di ente pubblico economico acquisita dall’Azienda sanitaria provinciale al sensi dell’art. 3, co. 1 bis del d.lgs. n. 502/92 (introdotto dal d.lgs. 19.6.99 n. 229) comporta che la stessa, per il raggiungimento delle finalità istituzionali cui è preposta, può di norma operare mediante il ricorso a strumenti di diritto privato, ma non esclude che l‘Azienda, quale “organismo di diritto pubblico” e “amministrazione aggiudicatrice”, secondo la previsione del d.lgs. n. 163/06 (c.d. codice dei contratti pubblici, applicabile ratione temporis), sia soggetta alle relative disposizioni, sia in tema di scelta del contraente che di forma del contratto. Ne deriva che, qualora l’oggetto dell’attività negoziale dell’Azienda rientri, come nella specie (fornitura di medicinali), nella disciplina prevista dal codice del contratti pubblici, il mancato ricorso all’evidenza pubblica, mediante omissione del procedimento di selezione del contraente, nonché della forma scritta del contratto, ne comporta la nullità, ai sensi dell’art. 1418, co. 1, c.c., per violazione di norma imperativa“.

Testo completo della sentenza Cass. Civ. 24640/16.

Davide Baraglia

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