Il Tribunale di Nanterre dispone la chiusura di un negozio halal che non vende alcool e maiale
Vìola l’accordo di locazione che precisa l’utilizzo del locale per la fornitura di alimentazione generale: così, il Tribunale di Nanterre ha disposto la chiusura di un negozio di alimentari di Colombes, cittadina del dipartimento parigino Hauts-de-Seine.
La giustizia ha dato ragione all’affittuario del locale commerciale, il quale rimproverava al negoziante di non vendere alcool e maiale, venendo così meno a una clausola dell’accordo che specificava l’utilizzo del locale per la vendita di prodotti inerenti l’alimentazione generale. Prodotti come alcool e maiale non sono forse beni afferenti alla sfera dell’alimentazione generale?
In Francia chiude un alimentari halal: il caso
In particolare, nel 2015, in qualità di affittuario, Colombes habitat public, cooperativa presieduta dal sindaco della cittadina, la repubblicana Nicole Goueta, aveva deciso di far causa a Anadolu Distribution, detentore del marchio Good Price, per chiedere la risoluzione del contratto.
Chiamato a pronunciarsi sul caso, il tribunale ha obbligato il commerciante a lasciare i locali oggetto della disputa per non aver soddisfatto i bisogni di tutti gli abitanti del quartiere e lo ha condannato al pagamento delle spese giudiziarie ammontanti a 4 mila euro.
Specifica il verdetto del tribunale che «a prescindere dall’aspetto religioso, bisogna rilevare come l’orientamento specifico dell’attività commerciale verso la vendita di prodotti destinati non a tutti ma soltanto a degli acquirenti specifici (prodotti halal, prodotti orientali) sia restrittivo e non corrisponda alla più ampia nozione di alimentazione generale» (traduzione propria). E aggiunge che la società conduttrice mette in vendita raccolte di preghiere redatte in lingua araba.
La società Anadolu Distribution aveva riscontrato la presenza di prodotti non halal in vendita nel proprio negozio tramite constatazione di un ufficiale giudiziario. Good Price e il suo legale avevano commentato: «ci rimproverano di non vendere vino […] ma il vino non rientra nell’ambito dell’alimentazione generale […] Si tratta di un complemento, per cui non sussistono obblighi.
«Haribo non è halal»: dichiarazioni insufficienti per la controprova
Il legale aveva tra l’altro elencato tutti i marchi in vendita all’interno del locale commerciale tra cui «Haribo, che non è halal». Peccato che queste dichiarazioni siano state considerate dal Tribunale di Nanterre come insufficienti per una controprova, dal momento che la vendita principale riguardava comunque prodotti esotici e halal.
Eloisa Zerilli