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Furbetti del cartellino: maggior gravità se non timbra un organo di vertice

Se il dirigente non timbra il cartellino la gravità del fatto è maggiore; sul punto si è espressa la sezione lavoro della Corte di Cassazione. Vediamo nel dettaglio

Sempre sotto i riflettori la questione dei “furbetti del cartellino”; lavoratori che si caratterizzano per lo svolgere le proprie mansioni in modo non convenzionale, magari tra una faccenda personale e l’altra e che, per questo, sono stati licenziati dai loro superiori.

Ma cosa accade se a non timbrare è un dirigente? Sul punto, si è espressa la Suprema Corte di Cassazione. Vediamo insieme.

Furbetti del cartellino: il caso

Il Tribunale di Ivrea, dichiarando l’illegittimità del licenziamento per giusta causa, accoglieva il ricorso promosso dal dirigente medico licenziato dall’azienda ospedaliera, nonostante il motivo del licenziamento fosse dovuto al caso dei cosiddetti “furbetti del cartellino”.

 La decisione del Tribunale non mutava nemmeno a seguito di opposizione da parte della resistente, confermando l’ordinanza di illegittimità del licenziamento.responsabilità medica

L’A.S.L. coinvolta, fermamente convinta delle sue ragioni, promuoveva reclamo ex art. 1, comma 58 della legge n. 92 del 2012 dinnanzi alla Corte d’Appello di Torino, ottenendo la riforma della sentenza emessa dal giudice di prime cure.

La Corte territoriale, a conferma del legittimo licenziamento, riteneva che le attività del dirigente ospedaliero fossero tali da ledere il vincolo fiduciario con l’azienda ospedaliera presso cui prestava servizio: infatti, la Corte, ha considerato di particolare gravità sia le azioni volte a sovrapporre l’attività svolta in regime intra moenia (orario di libera professione), con l’orario dell’attività di servizio, che la falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento,  per  allontanarsi dal nosocomio e svolgere la propria attività presso una struttura privata.

Il dirigente, convito delle proprie ragioni, promuoveva ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione; quale sarà stata la decisone della Suprema Corte?

Furbetti del cartellino: la decisone della Corte di Cassazione

La decisione della sezione lavoro della Corte di Cassazione, emessa con sentenza n. 6099, pubblicata in data 9 marzo 2017, non poteva essere che di rigetto del ricorso stesso, confermando la decisione del giudice territoriale di secondo grado, a nulla valendo l’opposizione dell’interessato.

cassazione1In primo luogo, la Suprema Corte, ha ritenuto sussistere  una falsa attestazione della sua presenza presso la struttura pubblica di cui è dirigente, spiegando che «la registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata e in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio. La condotta che si compendia nell’allontanamento dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza economicamente apprezzabili è, infatti, idonea oggettivamente a indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di lavoro e costituisce, altresì, condotta penalmente rilevante».

In secondo luogo, e a maggior ragione, è legittimo il licenziamento del primario, in virtù del suo ruolo apicale, che dovrebbe invece imporgli la pedissequa applicazione delle regole e l’obbligo di dare priorità alle sue funzioni dirigenziali presso la struttura pubblica, anziché distogliere parte del suo lavoro, peraltro in maniera non autorizzata, per svolgere attività libero professionale.

Cari furbetti del cartellino, attenti non solo a far scoprire i vostri giochetti, ma anche alla posizione che occupate perché, se occupate posizioni importanti, potreste avere qualche preoccupazione in più.

Maria Teresa La Sala

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