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Gazebo e coperture esterne non autorizzate: è abuso edilizio.

Abuso edilizio per chi esegue la costruzione di parti esterne non autorizzate di un ristorante.

La terza sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 49839/2016, si è pronunciata su un ricorso ad una sentenza di appello che condannava per abuso edilizio un ristoratore.

La Corte d’Appello di Firenze confermava una decisione del Tribunale di Siena con la quale il legale rappresentante di un ristorante, veniva condannato ex art. 44 lett. b) d.P.R n.380/2001.

Il titolare del locale realizzava senza autorizzazione un gazebo, una pensilina ed una tettoia in legno a copertura impermeabile. Veniva condannato alla pena di dieci giorni di arresto e ad Euro 2370,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in pecuniaria.

Tali opere erano state accertate per mezzo di un sopralluogo eseguito dai Vigili Urbani comunali. L’imputato aveva presentato istanza per l’autorizzazione, ma essa veniva rigettata.

Veniva ordinata la demolizione e la società presentava ulteriore richiesta, avente ad oggetto la realizzazione del solo gazebo. Il Comune accoglieva questa volta l’istanza.

La Corte territoriale, confermava la responsabilità penale alla luce della non precarietà delle strutture realizzate.

Il ricorso e la sentenzasequestro-abuso-edilizio

Veniva eccepita la violazione di legge e l’omessa motivazione ex art. 3 lett. E.5 d.P.R 380/2001, nonché la violazione di legge in ordine al rapporto con il Regolamento Urbanistico Comunale.

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva fondato la sussistenza del reato sul criterio formale della mera violazione della norma senza considerare il dato sostanziale.

I giudici di legittimità, hanno ritenuto il primo motivo infondato sulla base della coerenza della decisione impugnata al  T.U. in materia edilizia.

Si è ritenuto che il termine “costruzione” indichi tutti quei manufatti che realizzano una stabile trasformazione con una duratura modifica dello stato dei luoghi, volta al perseguimento di esigenze non precarie.

Per “stabilità” si intendono tutte quelle realizzazioni non temporanee, rimanendo escluse dalla necessità di permesso di costruire solo quelle compiute ex art 13 d.lgs. 79/2011 (Codice del Turismo).

Si è affermato il principio di prevalenza del d.P.R 380/2001 sulle regole urbanistiche e sui regolamenti edilizi comunali, i quali devono essere interpretati in conformità a detto decreto ed ex art. 117 Cost.

La Corte uniformandosi al dato ermeneutico vigente, ha affermato che ai fini del riscontro della asserita precarietà della struttura e della assenza di una conseguente modifica del territorio, non rilevano solamente le caratteristiche costruttive, strutturali o l’agevole rimozione degli elementi aggiunti. Il discrimen si colloca nel verificare l’intrinseca destinazione materiale delle opere realizzate, nel loro uso precario e temporale per fini  contingenti e limitati.

La condotta abusiva, deturpa e  incide su interessi e diritti ultra-individuali. L’interesse perseguito dal legislatore è la tutela del territorio in ogni sua forma( ex art. 9 e 117 Cost.), bene giuridico che storicamente in Italia è esposto a continuo pregiudizio e che mette a repentaglio la sicurezza pubblica, il decoro urbano e ambientale.

La giurisprudenza attribuisce alle condotte di abuso edilizio, la natura formale di reato di pericolo presunto, collegato al suo inserimento nel sistema di pianificazione urbanistica. La realizzazione di un intervento strutturale secondo gli stessi criteri della vicenda, rappresenta di per sé una lesione, esulando il giudice da ogni sindacato sulla pericolosità dell’azione compiuta. Questa considerazione, consente inoltre di analizzare l’applicabilità  dell’art. 131 – bis c.p.

Gli abusi edilizi non riconducibili a condotte abituali, possono essere soggetti ad esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto. Essa è consentita, solo dopo aver verificato alcuni criteri: la consistenza dell’intervento, la destinazione dell’immobile, l’incidenza urbanistica, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici, l’impossibilità di sanatoria, eventuali interventi preesistenti, il rispetto dei provvedimenti rilasciati dalla P.A. e l’eventuale violazione di altre norme collegate alla tutela (norme antisismiche, uso di materiali conformi, edificazione in zone demaniali).

La Corte ha disposto la non applicabilità del 131– bis c.p., per la notevole dimensione e gravità delle opere aggiunte e alla loro sostanziale incidenza negativa sul piano urbanistico comunale.

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20161124/snpen@s30@a2016@n49839@tS.clean.pdf

Sarah Viscardi

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