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Genitore trascura i figli: è abbandono di minore

Si rafforza sempre più la tutela dei figli, in una nuova ottica del rapporto con i propri genitori. Una scelta avallata dal Legislatore, ma confermata a tutto tondo dalla giurisprudenza. La Cassazione interviene sul rapporto tra responsabilità genitoriale ed abbandono di minore.

Con l’ordinanza n. 2857 del 6 Febbraio 2018 la Corte di Cassazione chiarisce ancora di più il significato e la centralità che assumono attualmente i doveri che derivano dallo status di genitore nei confronti dei figli.

Il caso

Una pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Venezia, la quale stabiliva l’adottabilità di una minore, trovava conferma con sentenza della competente Sezione Minorenni della Corte d’Appello datata Maggio 2016. Rilievo significativo ai fini di tale decisione avevano assunto le valutazioni degli operatori sociali. Precisamente, le relazioni dei Servizi Sociali avevano individuato una serie di gravi carenze nel rapporto tra la minore e la madre naturale, intese come scarsa cura ed attenzione nei confronti della bambina.

Tali carenze non venivano determinate da vere e proprie patologie di natura psichiatrica. La madre tuttavia aveva sempre rifiutato di seguire i percorsi suggeriti proprio per il superamento di quelli che al più erano solo malesseri psicologici.

La Suprema Corte chiarisce il concetto di “abbandono di minore”

L’ordinanza 2857/2018, emessa dalla VI Sezione Civile della Corte di Cassazione, rigetta il ricorso della madre della minore e conferma le decisioni assunte nei precedenti gradi di giudizio. Ma al contempo essa stessa rappresenta l’occasione per precisare cosa debba intendersi per “abbandono di minore”, una situazione questa preludio a decisioni importanti in punto di tutela. Si parte dall’individuazione del referente normativo, e cioè l’art. 8 L. 184/1983, in virtù del quale “… sussiste abbandono in caso di mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori”.

Ma tutto questo come si traduce in concreto? L’ordinanza in parola va ben oltre una semplice ricostruzione in astratto. “L’abbandono – si legge nel provvedimento –  si configura come grave e irreversibile violazione degli obblighi dei genitori di educazione, mantenimento ed istruzione dei figli, ai sensi dell’art. 30 Cost. e 147, 315 vis c.c. Ma tale irreversibilità va correlata alle esigenze di armonico sviluppo dei minori”. Se è vero quindi che il minore ha senza dubbio diritto a vivere nella propria famiglia (e questo lo sancisce espressamente l’art. 1 della L.184/1983), e che non può prescindersi da iniziative volte al sostegno della famiglia originaria, al tempo stesso però “…l’eventuale recupero della inadeguatezza genitoriale dovrebbe essere determinato, certo e ragionevolmente non lungo, dovendosi pertanto verificare la concreta possibilità di pregiudizio per il minore dovuto all’incertezza e alla durata del percorso di eventuale recupero genitoriale”, come invece riscontrato nel caso in esame.

Il nuovo volto della responsabilità genitoriale

Responsabilità, non più potestà. Non solo una semplice e formale sostituzione di parole: ciò che innanzitutto si riscontra nel Codice Civile alla luce delle più recenti riforme del diritto di famiglia (in particolare quella attuata con Decreto Lgsl. 154/2013) si traduce in una vera e propria “ricostruzione” del rapporto genitori-figli senza alcuna soggezione di questi ultimi. La giurisprudenza di legittimità a sua volta è andata ben oltre la sola conferma di queste scelte del Legislatore: emblematiche sono le pronunce che hanno riconosciuto risarcimenti ai figli per violazione del loro diritto alla riservatezza da parte dei genitori (si pensi alla famosa vicenda della pubblicazione di foto sui social network senza consenso). L’ordinanza 2857 sembra porre una responsabilizzazione ancora maggiore: la violazione dei doveri di assistenza e mantenimento ora può portare addirittura all’interruzione del rapporto familiare.

Antonio Cimminiello

 

 

 

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