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Il gestore sospende l’ADSL: nessun risarcimento per l’avvocato

Studio legale rimasto privo di ADSL per due mesi a causa di un disservizio del gestore telefonico; in tal caso, è dovuto il risarcimento per i danni subiti? Sul punto si è espressa la Suprema Corte di Cassazione

Cosa accade quando si verifica un’interruzione del servizio di adsl? Il professionista ha diritto al risarcimento? Sul punto è stato chiamata ad esprimersi la Suprema Corte di Cassazione.

Sospensione adsl: il caso

Il professionista esercente l’attività di avvocato, proponeva domanda dinnanzi all’autorità competente ai fini di ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti in conseguenza dell’arbitraria sospensione, da parte del proprio gestore della linea telefonica, del collegamento adsl di cui fruiva il suo studio professionale, per un periodo di circa due mesi.

Il gestore, motivava l’interruzione del servizio di collegamento internet con il passaggio dell’utenza telefonica ad altro gestore telefonico, che veniva chiamato in causa.adsl1

All’esito del giudizio di primo grado le due società venivano condannate a risarcire l’avvocato.

 Il gestore, convinto delle proprie ragioni, proponeva appello dinnanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, provvedendo, peraltro, ad addebitare all’avvocato fattura comprensiva del contributo per l’attivazione della linea telefonica, contestando che l’interruzione del servizio telefonico dipendeva dall’intestatario del contratto e che quindi fosse dovuto il contributo per la riattivazione del servizio abusivamente interrotto.

Il Tribunale di Ascoli Piceno, quale giudice d’appello, accertava l’illegittima sospensione del servizio adsl, ma rigettava la domanda risarcitoria dell’avvocato ritenendo non provato il danno.

A tal proposito l’avvocato, senza perdersi d’animo, proponeva ricorso per Cassazione.

Sospensione adsl: la decisione della Suprema Corte

La terza Sezione della Corte di Cassazione, mediante la sentenza pubblicata il 21 giugno 2017, n. 15349, ha ritenuto i motivi non fondati ed ha rigettato il ricorso.

A dire della Suprema Corte, premesso che il ricorrente lamentava il risultato negativo dell’attività di valutazione delle prove svolta dal giudice del merito, non rinnovabile in sede di legittimità, costui non avrebbe denunciato il mancato risarcimento del danno patrimoniale sotto il profilo della violazione di legge in relazione alle regole dell’inadempimento contrattuale.

A tal proposito, per argomentare la propria posizione, i giudici di piazza Cavour, sostengono che, in tema di danni collegati alla linea telefonica, «va ricordato il principio già affermato dalla Corte secondo il quale (Corte di Cassazione, n. 24632 del 2015) il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi solo i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito».

La Suprema Corte, pertanto, confermando quanto espresso dal giudice di secondo grado, ritiene che «ha correttamente escluso che i disagi e i fastidi eventualmente incontrati ed in particolare il disservizio legato alla mancanza dell’ADSL possano impingere direttamente nella tutela della libertà e sicurezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, ed ha affermato che lo stesso attore, odierno ricorrente, non ha indicato alcuna limitazione che possa essere ritenuta di tale gravità da pregiudicargli seriamente il diritto a comunicare .»

Inutile per il ricorrente anche denunciare la violazione del suo diritto alla comunicazione, allo sviluppo della personalità e anche della possibilità di svolgere efficacemente il suo lavoro, in quanto l’attività lavorativa sarebbe stata menomata dalla temporanea impossibilità di fruire del collegamento internet veloce.

cassazione

Ciò in conformità alla consolidata affermazione della Corte di legittimità (Corte di Cassazione, S.U. n. 26972 del 2008), secondo la quale «il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. – anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:

(a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 cod. civ., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè dì toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);

(b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);

(c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.

In definitiva, il giudice di merito, con accertamento in fatto non ulteriormente ripetibile, ha ritenuto che, pur essendosi sicuramente verificato un inconveniente addebitato alla condotta negligente del gestore, che di fatto interruppe per un periodo consistente la sola fruizione della linea di collegamento internet che correva abbinata alla linea telefonica fissa dello studio, da ciò sia conseguita una violazione, del diritto di comunicazione e di espressione del pensiero del professionista, inidonea a raggiungere l’entità dei parametri b) e c) fissati dalla Corte ovvero che essa non fosse sufficientemente grave e rilevante.»

Infine, ad avvalorare la sua posizione, la Suprema Corte ritiene, altresì, che «non può non considerarsi anche, da un lato l’importanza della libera fruizione del collegamento ad internet, quale modalità capillarmente diffusa e di utilizzo ormai continuativo nella vita delle persone, di acquisizione e scambio di informazioni, esperienze e conoscenze, dall’altro anche la molteplicità dei mezzi a tal fine disponibili : in difetto di una situazione di assoluta privazione di tale possibilità, la soglia di afflittività risarcibile conseguente alla privazione di uno degli strumenti utilizzabili per stabilire tale connessione non può dirsi raggiunta.».

Cari lettori, il mondo della telefonia è sempre tortuoso e a chiunque può capitare di rimanervi attorcigliati, persino ad un avvocato.

Maria Teresa La Sala

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