Roma, 11 lug. – Continua lo sciopero dei giudici di pace e, a partire dal 26 luglio, entrano in sciopero i magistrati onorari di tribunali e procure. “La riforma Orlando indegna di un Paese civile: saranno 4 anni di scioperi e proteste”, annunciano i giudici di pace che denunciano di sentirsi trattati come ‘pummarò della giustizia”.
Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di riforma della magistratura onoraria e di pace, ma le proteste non si fermano. “Accentueremo nei prossimi mesi ogni forma di protesta contro il ministro Andrea Orlando”, si legge in una nota dell’Unione nazionale dei giudici di pace, “scioperi ripetuti a intervalli, sospensioni dal servizio, manifestazioni di piazza, azioni giudiziarie interne ed internazionali. Impugneremo tutti i decreti ministeriali attuativi della riforma e solleveremo pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia Europea ed alla Corte Costituzionale”.
“A ottobre – continua la nota – in occasione della seduta ove si discuteranno le nostre petizioni al Parlamento Europeo, manifesteremo a Bruxelles denunciando la barbarie di questa riforma, indegna di un Paese civile e democratico. Sono state violate tutte le disposizioni della Costituzione e delle Convenzioni internazionali che garantiscono l’indipendenza del giudice e l’autonomia degli uffici, nonché i diritti inviolabili dei magistrati ad un trattamento economico e previdenziale dignitoso”.
“Il ministro Orlando – stigmatizza il sindacato dei giudici di pace – è stato così pervicace nella sua volontà di umiliare la magistratura onoraria e di pace, da non ascoltare nessuno dei suggerimenti perorati dalle Commissioni parlamentari, dal Csm, dai capi degli uffici, da tutti i più illustri costituzionalisti. Con la pubblicazione del decreto legislativo si battezzerà una nuova forma di apartheid, che riguarderà lavoratori pubblici che emettono sentenze in nome del popolo italiano: da una parte ci saranno i magistrati di carriera, ad impartire direttive, dall’altra i magistrati onorari, trattati come pummarò della giustizia, a lavorare come schiavi senza alcun diritto o tutela per smaltire oltre l’80% del contenzioso giudiziario civile e penale”.
(Red/AdnKronos)