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Giustizia: lo Stato paga interpreti e traduttori 3 euro l’ora, compensi fuorilegge

Schiavi per tre euro l’ora. I nuovi sfruttati non lavorano nei campi, ma nelle aule dei tribunali. E a pagare il compenso “illegittimo” è lo Stato. Ausiliari interpreti e traduttori giudiziari “guadagnano mediamente poco più di 4 euro lordi l’ora. Al netto delle tasse percepiscono, anche con anni di ritardo, circa 3 euro per 60 minuti di lavoro”. La legge prevede che “la prestazione dell’ufficio di interprete e traduttore è obbligatoria”.

Ciò implica, in teoria, che un’eventuale rinuncia potrebbe far incorrere nel reato di ‘rifiuto di uffici legalmente dovuti’: la pena prevista dal codice penale è fino a sei mesi di carcere. Chiara Samperisi, avvocato specializzata in diritto civile, svela all’Adnkronos i contorni di una giustizia che non rispetta la legge.

Il magistrato – come la polizia giudiziaria – può servirsi di ausiliari, interpreti e traduttori per l’assistenza in udienza e per le traduzioni degli atti giudiziari. “Il tariffario si ferma a 14,68 euro per la prima vacazione (composta di due ore) e 8,15 euro per le successive, con il risultato che mediamente questi professionisti sono pagati circa 4 euro lordi l’ora”, spiega. “E’ inaccettabile che in uno Stato di diritto, il lavoro venga retribuito circa 3 euro netti l’ora ed è ancor più ripugnante che tale ingiustizia venga perpetrata da chi la giustizia la proclama, la esercita e la difende”.

Non va meglio a chi riceve un compenso fisso o variabile, comunque “fuori mercato e in contrasto con i principi costituzionali in tema di tutela del lavoro ed equa retribuzione”. Il prezzo dello sfruttamento viene giustificato in ragione della funzione pubblicistica del lavoro.

Un ragionamento “che se fosse corretto, andrebbe applicato anche ad altre categorie professionali, nonché ai parlamentari. Ma così non è. O vale per tutti o c’è una palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione”, sottolinea.

Non solo: con la legge di Stabilità del 2014 si è tentato il taglio di un terzo dei compensi per le prestazioni nei giudizi di gratuito patrocinio, riduzione dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale che ha invece ricordato come l’articolo 54 del Testo unico sulle spese di giustizia impone l’aggiornamento degli onorari degli ausiliari di giustizia ogni tre anni, in base a criteri Istat. L’ultima rivalutazione, però, è del 2002.      “Negli ultimi anni i rincari in materia di giustizia hanno riguardato solo i cittadini – evidenzia l’esperta Samperisi -. Non è più differibile, da parte del governo, l’adempimento di un obbligo sorto più di 15 anni fa”. Al professionista non resta che aspettare, anche perché i tempi per ricevere “la somma irrisoria sono insopportabilmente lunghi”.      Al termine del processo, deve depositare la richiesta di liquidazione in cancelleria, richiesta che passa al magistrato il quale emette il decreto, anche dopo mesi. Il decreto torna così in cancelleria e viene spedito a un ufficio che lo elabora alla luce delle detrazioni fiscali da effettuare. “Nei labirinti burocratici dei tribunali, passano altri mesi prima che venga registrato e inviato all’ufficio pagamenti. All’esito dell’inesorabile peregrinare – conclude l’avvocato -, i miseri compensi vengono pagati, ma talvolta con anni di ritardo”.      (Afe/AdnKronos)

 

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