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Giustizia, Penalisti: no ad allungamento tempi di prescrizione

      Roma, 19 set. (AdnKronos) – «Allungare la prescrizione finisce con l’allungare i tempi del processo». L’Unione delle camere penali italiane ha scritto al ministro della Giustizia Orlando e ai senatori per criticare il ddl penale in discussione all’assemblea e sul nodo prescrizione. La proposta, tornata in Senato in base all’emendamento Casson, era già stata formulata e respinta in sede di commissione Giustizia e «rischia di trasformarsi in uno strumento devastante».

     «Se da un lato risponde ad un criterio di ragionevolezza – spiega il testo – che il tempo estingua reati per cui non è più agevole indagare, e che il diritto all’oblio agisca per impedire che le pene vengano scontate da una persona diversa da quella che aveva commesso il reato, è anche vero che la prescrizione svolge un ruolo di contenimento dei tempi processuali».

     Secondo l’associazione i “nuovi” tempi riguarderebbero soprattutto reati, come quelli contro la pubblica amministrazione, per i quali maggiore è l’interesse della collettività ad una risposta definitiva e sollecita. Non ha senso che un cittadino attenda due decenni per sapere se un uomo politico ha male amministrato la sua città rendendosi responsabile di un reato di corruzione».

Secondo l’Unione, che conta circa 8mila avvocati iscritti, quanto introdotto da Casson «lascerebbe la stessa parte civile in attesa di una sentenza definitiva, inibendogli la possibilità di ottenere l’eventuale risarcimento, lascerebbe l’intera società nel dubbio sulle responsabilità di un concittadino o un amministratore in quanto né il rinvio a giudizio, né una sentenza di primo grado, possono ritenersi sufficienti a soddisfare la domanda di giustizia». La stessa incertezza sarebbe legata anche ai rapporti amministrativi, lavorativi, dei sequestri, delle provvisionali tutti

legati agli esiti finali del processo.

    Per i penalisti bisognerebbe «volgere casomai lo sguardo ad una differente soluzione delle attuali inefficienze sistemiche (come è noto oltre il 70 % dei reati si prescrive nella fase delle indagini preliminari), e riflettere anche su ulteriori gravissimi effetti distorsivi che una simile riforma potrebbe avere sull’assetto del processo penale già gravato da evidenti squilibri».

     (Stg/AdnKronos)

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